Le immagini ‘parlano’.
E sanno dire di sensazioni e sentimenti, di cose ‘ineffabili’ eppure ‘solide’ come certezze.
Questa pagina narra, con le immagini, di un ‘libro’ -l’ennesimo- di Vittorio Messori. Ci sono dentro molte cose; e c’è dentro, come in ogni libro, il suo Autore.
L’insieme degli interventi voluti, pensati, finanziati (o fatti finanziare) da Vittorio Messori all’interno dell’Abbazia di Maguzzano (Lonato, BS), non è rappresentato, dalle foto qui sopra, che in modo frammentario, ‘volatile’.
Esso però racconta, anzitutto, la solidità della pietra e dei materiali (spesso metalli, forgiati, intarsiati…) e l’impatto perenne delle sculture.
Racconta l’idea di una ‘cappella all’aperto’, che si avvolge di stelle o di luce (o, perchè no?, nuvole), essendo fatta del Cielo, luogo in cui la fede cattolica afferma con forza serena abiti Colei a cui quel luogo ‘aperto’ è dedicata.
Luogo in cui risuonano molte parole (a volerla, invero, è stato uno scrittore o, come spesso lui si definisce, ‘uno scriba’): richiami remoti, echi di altre religioni o di altri libri sacri, profonde ‘definizioni’ teologiche; relitti di un passato tremendo, sopravvissuti agli sfraceli della storia, come una rara campana d’epoca, sfuggita ai forgiatori di cannoni napoleonici.
Tutto, davanti ed attorno ai banchi, allude a Maria. Anche l’Angelo, inquietante nella sua serenità scolpita nella pietra, è posato in modo da rivolgere il suo sguardo -‘certificato’ da un segnale laser- verso la statua della Vergine di Fatima che riposa dietro l’altare.
E qui una foto, scattata d’istinto mentre il vecchio scrittore ‘mecenate’ ne racconta la storia e la posa, lo immortala rivolto anche lui a Costei; ormai definitivamente orientato, come la ‘sua’ Bernadette, verso un’Apparizione che si fa racconto capace di segnare la produzione dei suoi ultimi anni.
Il passo porta noi, sparuto drappello di amici, verso un luogo più ‘basso’ e nascosto: lì stanno due manufatti.
Una cappellina votiva, con un semplice e quasi ‘comune’ San Giuseppe; di fronte, un piccolo casotto, quasi un abitacolo, quasi del tutto spoglio, davanti al quale sta un Cristo che si accascia dalla croce, ‘moderno’ come gli anni ’80 da cui, forse, proviene.
E non è l’unica cosa di un passato meno remoto: sta dentro, sulla parete davanti all’inginocchiatoio, la scritta -molto ‘yankee’- su fondo verde della foto qui sopra: ‘Dio ama me e chiunque io veda’. Chi può ‘vedere’ San Giuseppe, il ‘nascosto’ per eccellenza, il celato agli occhi del modo ipermediatizzato, quell’esatto opposto di noi tutti, ‘figli del nuovo millennio’, ‘selfatanti impulsivi’?
Eppure la ‘potenza’ del padre adottivo del Cristo è conclamata nella Chiesa e l’amore per Giuseppe è sempre corriposto da suo Figlio.
Ripercorriamo la strada dell’uliveto, ‘lavoro’ dei monaci antichi e nuovi, e andiamo verso l’interno dell’Abbazia: anche qui, come quasi in ogni sua ‘ricerca’ storica, scopriamo che Messori a fatto riportare in luce il fregio colorato che ne attraversa il perimetro.
Non è l’unica ‘storia di pietra e d’altro’ che si trova qui scritta o riesumata: c’è la cartografia del Garda, coi confini di Maguzzano nell’epoca napoleonica; c’è un curioso e ingombrante apparecchio che scandiva le ore liturgiche e non della giornata dei monaci, risalente all’Ottocento, scovato e messo lì sul corridoio verso la stanza antica dell’Abate, da Messori.
E c’è uno scrigno di luce, segreto, mostratoci con l’eccitazione di chi molto l’ha voluto ed amato, cercando di ‘preservare’ una sorpresa: una cappelletta minuta, di luci e tempere tenui, ma chiare, ricoperta di icone orientali, alla maniera russa. Un angolo di luci delicate, un rifugio dai colori forti e decisi dall’Abbazia, un richiamo alla sorte splendente di serenità infinita di coloro i quali vi sono raffigurati.
Un altro ‘tesoro’, di questo deposito di cose antiche e nuove, di questo ‘libro non d’inchiostro e carta’, che è già unico di suo; figuriamoci se ‘illustrato’ dalla voce un Cicerone d’eccezione come il suo Autore.
Un ‘libro’ che dice molto, tanto di lui: come gli altri e, volendone cogliere l’intimo spirito, forse anche di più.