ValtellinaNews.it :: 9 novembre 2019 :: di Alberto Comuzzi
Quando uscì, nel 1976, “Ipotesi su Gesù”, il suo autore, Vittorio Messori, aveva poco più di trent’anni ed era già un affermato cronista de “La Stampa”. Al quotidiano torinese era approdato dopo un’esperienza all’ufficio stampa della Sei, la casa editrice dei Salesiani, alla quale aveva trovato naturale affidare il suo dattiloscritto perché fosse pubblicato.
Confermando le parole di Gesù, “Nessuno è profeta in patria”, la direzione editoriale tenne nel cassetto per un anno il testo di Messori e, con evidente titubanza, alla fine ne autorizzò la stampa di 3.000 copie.
In meno di due settimane il libro fu esaurito e l’editore si affrettò a ristamparne altrettante. Con stupore dei vertici della Sei anche la seconda edizione sparì velocemente dalle librerie. In breve: “Ipotesi su Gesù” divenne in pochi mesi un vero e proprio caso letterario con migliaia di copie vendute.
Il giovane cronista si trovò catapultato tra gli autori più autorevoli e conosciuti del mondo editoriale internazionale. Gran parte dei lettori di Messori divennero presto suoi convinti ammiratori e cominciarono ad inviargli migliaia di lettere con la richiesta di delucidazioni e persino consigli. Dovettero però aspettare sei anni per leggere “Scommessa sulla morte”, il secondo libro – dato alle stampe sempre con la Sei nel 1982 – anch’esso finito nella classifica dei bestseller con oltre 400.000 copie vendute.
Dopo oltre un milione di copie diffuse solo in Italia (tradotto in una trentina di lingue con centinaia di edizioni) e chiuso il rapporto con a la Sei, che nel frattempo s’è fusa con un’altra casa editrice cattolica, la bresciana La Scuola, Messori ha deciso di passare i diritti di pubblicazione alle Edizioni Ares (Associazione ricerche e studi), nate nel 1956 «per promuovere una cultura di ispirazione cristiana aperta al dialogo rispettoso della propria e altrui identità».
Scelta migliore non poteva esserci perché Ares, da oltre sessant’anni, promuove la cultura del pensiero cattolico pubblicando opere di saggistica filosofica e teologica, di spiritualità, di letteratura, di pedagogia, di storia e di analisi della contemporaneità.
È l’identica prospettiva di Messori che, con i suoi trenta libri scritti, oltre a centinaia di articoli, conferenze e pubblici dibattiti, ha dedicato la sua instancabile ricerca della verità contenuta nel Vangelo. “Ipotesi su Gesù” (Ed. Ares, pp. 320, € 16,80) è un libro sempre attuale perché dà risposte a domande che anche il meno acculturato uomo occidentale prima o poi si pone: Gesù è davvero il Figlio di Dio, Dio stesso, o è un intrigante personaggio storico? Ciò che di lui hanno documentato gli evangelisti sono fatti realmente accaduti o sono narrazioni di ben congegnate favole?
Addentrandosi nelle pagine di “Ipotesi su Gesù” il lettore averte che la sua trama altro non è che la spasmodica ricerca, nata dalla curiosità del suo Autore, per capire se valga la pena scommettere sulla veridicità dei Vangeli e quindi accettarne l’annuncio, il kerigma. La risposta è, sì, per Messori; ed è la stessa risposta, come egli stesso confida nella prefazione di questa nuova edizione pubblicata con Ares, dopo 43 anni dalla prima editata con l’editrice salesiana.
C’è una coerenza di fondo in tutti i libri di Messori, a cominciare dai volumi frutto di interviste a Joseph Ratzingher quando era il “defensor fidei” (“Rapporto sulla fede”) e a Giovanni Paolo II (“Varcare la soglia della speranza”). Una coerenza dettata dal desiderio di confortare e sostenere la fede in chi già la possiede e di insinuare il dubbio che sia un errore non cercarla in chi non l’ha.
Gli studi e i lavori di Messori hanno suscitato anche qualche dissenso, dentro e fuori la Chiesa, per lo più esternato da quell’area di cattolici democratici che amano definirsi “adulti nella fede”. Costoro si sono affrettati a definire Vittorio Messori un semplice apologeta, un autodidatta appassionato di studi teologici, ma privo di quei titoli accademici riconosciuti dalle Facoltà teologiche, ignorando o fingendo di non sapere di una sua laurea in Scienze Politiche presa a pieni voti oltre a tre anni di studi presso la Pro Civitate Christiana di Assisi.
A parte l’invidia nei confronti di un giornalista e scrittore che, unico ad avere intervistato due Papi, è presente da oltre quarant’anni nelle classifiche dei libri più venduti in decine di Paesi del mondo, quel manipolo di maldicenti, inconsapevolmente, finisce per confortare e dare sostanza alle parole dell’evangelista Marco (13:13): «Voi sarete odiati da tutti a causa del mio nome, ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato».
Sì, Vittorio Messori, dall’immortale “Ipotesi su Gesù”, attraverso i libri dedicati alla figura della Madonna e via via con tutti gli altri riservati a grandi santi e a cruciali episodi della lunga storia della Chiesa, ha testimoniato e continua a testimoniare di avere preso sul serio quanto scritto in quei quattro libricini divulgati venti secoli fa.
Il successo che gli va riconosciuto non è nella straordinaria abilità di avere volgarizzato concetti teologici complicati (operazione raramente riuscita ad accademici e blasonati studiosi), ma nell’avere confortato e dato speranza nella fede cristiana a milioni di lettori molti dei quali poco o per nulla acculturati. Del resto, tra gli autori più citati da Messori c’è quel Blase Pascal che tanto a riflettuto sul “Deus absconditus”, sul Dio che si rivela ai piccoli e ai semplici.
Quel Dio-Gesù che, come si legge nella chiosa di “Ipotesi su Gesù”, «se è un equivoco, se malgrado tante verosimiglianze anche qui siamo di fronte alla proiezione abusiva nei Cieli del bisogno religioso degli uomini; ebbene, allora l’antico grido di Riccardo di San Vittore, il grande teologo medievale che Dante stesso elogia, risuona con rinnovata verità: ” Signore, se il nostro è un errore sei Tu che ci hai ingannati”».