di Vittorio Messori, Il Timone
Trovo qualcosa di politicamente scorrettissimo , per un benpensante d’oggi , in un antico testo ebraico . In realtà , concetti simili stanno anche nell’Antico Testamento canonico e ve ne è più di una traccia nelle lettere di Paolo . Sta di fatto che trascrivere una simile frase può comportare oggi una denuncia per “ istigazione all’odio “, come oggi chiamano il non conformismo. Sappiamo tutti quale è la chiave o, se volete, il segreto della società laica attuale :un moralismo senza morale. Fariseismo, insomma .
Ecco qua, comunque . Si parla di una minaccia di Jahvé che un profeta fa sapere agli israeliti per spaventarli e distoglierli dalla corruzione: << Se continuerete nel vostro peccato e non vi pentirete , Io vi darò dei giovani come governanti e delle donne come giudici >>.
Una prospettiva terrorizzante ( i giovani ne Palazzo e le femmine in tribunale ) non solo per gli ebrei, ma per tutti i popoli dell’antichità ma anche ben oltre , in fondo sino alla Rivoluzione francese . La quale , tra i molti altri primati avrà anche quello di portare per la prima volta i giovani al governo , con i risultati che abbiamo visto.
Si pensi che , in quella classe dirigente ( dirigeva, in realtà, soprattutto il lavoro di Sanson, il capoboia parigino ) il più anziano aveva 50 anni e già aveva deciso di ritirarsi . era Jean Paul Marat , quello pugnalato da Charlotte Corday mentre era immerso in una tinozza per cercare di placare il terribile prurito che lo affliggeva . Quando tagliarono la testa a Robespierre , dopo averla fatta tagliare a migliaia prima di lui , quel paranoico delle virtù sia sociali che private aveva 36 anni. Il suo fedelissimo Louis de Saint Just, il più fanatico e freddamente spietato tra i giacobini, non ne aveva che 27 quando tocco anche a lui salire i gradini del patibolo.
Ma il mito dei giovani al governo ha fatto danni sino a noi . Nel 1933, quando andò al potere , Adolf Hitler aveva 44 anni. Ancora più giovane Mussolini che , al tempo della marcia su Roma , ne aveva39. Stalin giunse al vertice dell’Unione Sovietica a 43 anni. Fidel Castro si impadroni di Cuba a soli 33 . Il più spietato, forse, leader dell’Europa Est comunista – Nicolae Ceasescu – entrò nel governo romeno come ministro, iniziando la sua fulminea scalata al vertice, a 29 anni. E si potrebbe continuare a lungo
Lasciamo pur stare ( per evitare guai peggiori ) le donne in tribunale come giudici minacciate della profezia che spaventava non solo Israele ma anche tutti i nostri antenati. Per limitarci alla politica , l’equazione contemporanea tra giovane età e buon governo non sembra reggere ai fatti. Anzi .
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A proposito di politica , accenniamo ancora ai “ progressisti “ , come si chiamano, anche se in realtà nessuno è più reazionario di un “ progressista “ : basterebbe l’esempio dei sindacati , nemici feroci di ogni novità, di ogni cambiamento , foss’anche – appunto – un progresso e specialisti del no sempre e comunque a ogni iniziativa innovativa. Prendiamo un piccolo ma forse significativo caso dagli ultimi tempi del Partito Comunista Italiano, il più numeroso del mondo dopo quello sovietico. Trovo un appunto che presi nell’aprile del 1986 . Mancavano solo tre anni alla caduta del muro di Berlino ma , malgrado i cigolii inquietanti che arrivavano da Mosca e da altrove, nessuno dei dirigenti e dei militanti immaginava che la fine fosse così vicina e così totale.
Comunque, gli organizzatori di quello che doveva essere , a sorpresa , l’ultimo congresso in quanto PCI ( i seguenti sarebbe stati una drammatica discesa agli inferi, quelli del cambio di nome e dell’abbandono dei Sacri Testi ideologici ), gli organizzatori , dunque avevano un problema : quell’adunata , tradizionalmente solenne come una liturgia della Chiesa ancien régime, portava il numero 17. Un problema sentito, come fu ammesso da un compagno dirigente nella conferenza stampa di presentazione ( io c’ero ) : << Il 17 non gode di buona fama e avevamo due possibilità : o nasconderlo, non mettendo quel numero nei manifesti , oppure venire a patti con esso e, in qualche modo mimetizzarlo >> . Quest’ultima fu la strada scelta. In tutto ciò che fu stampato, prima, durante e dopo il congresso , la questione fu dunque risolta con un 1 ben visibile ma , attaccato a questo, non il 7 ma la bandiera italiana Toccava al lettore intuire il numero che non si voleva rendere pubblico . Ma la lotta a ogni superstizione non era tra i cardini dell’ideologia marx-leninista ? Oppure , per dirla con Totò , anche per quei rivoluzionari valeva il “ non è vero ma ci credo >> ?
Sta di fatto che il patetico esorcismo non funzionò : malgrado le scaramanzie, l’inizio della fine fu proprio quel Congresso dal numero fatale . Il che potrebbe fare riflettere anche i non superstiziosi.
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Come forse ricordano i lettori che seguono un poco le mie cose , per anni lavorai a Jesus , il mensile di Famiglia cristiana , che iniziai a Milano con un religioso paolino, don Totò Tarzia, e per fondare il quale dovetti lasciare due realtà che mi erano care : una città, Torino , e un giornale , La Stampa . In ogni numero mi ero prefisso di pubblicare un lungo articolo , pensato come capitolo di un futuro libro : fu così che nacquero alcuni saggi come il volume d’ inchiesta sulla Passione , quello sulla Risurrezione, quello sulle “ ipotesi su Maria “. Ma per un anno o poco più mi presi una sorta di tregua , intervistando ogni mese il Superiore ( o la Superiora ) generale di un ordine o di una congregazione religiosa . Sono, come noto, tra le realtà in maggior crisi della Chiesa . Quasi tutte hanno ormai più case e istituzioni che persone : non passa mese senza la chiusura di qualche convento o monastero anche illustre per la mancanza di giovani religiosi che sostituiscano quelli defunti o costretti al pensionamento dalla vecchiaia .
Far sparire dalla storia frati, monaci, suore , monache : il programma che non è riuscito alla Riforma protestante , alla Rivoluzione francese, a Napoleone, al Risorgimento anticlericale , alla guerra civile spagnola, al comunismo, al nazionalsocialismo e a tanti altri , sta riuscendo ora per la cosiddetta “ crisi delle vocazioni “. Che , poi, altro non è che il segno inquietante della crisi ( almeno a viste umane ) della Chiesa intera .
Se accenno a questo è perché, tra gli appunti non pubblicati in quella lunghe interviste , trovo qualcosa che annotai dopo l’incontro con padre Giuseppe Bassotti , allora Superiore Generale dei Chierici Regolari di San Paolo , i religiosi che conosciamo come Barnabiti . A un certo punto, la conversazione finì su un barnabita, appunto, che da 21 anni era a Kabul , cappellano dell’ambasciata italiana . Quel padre aveva un primato : a parte i diplomatici, che andavano e venivano, era il solo cattolico residente fisso in tutto l’Afghanistan. In quel Paese , allora , si erano impantanati i russi che, invadendo il posto, pensavano di fare una passeggiata militare , dimenticando che l’Afghanistan , a causa dell’ambiente montagnoso e della bellicosità delle sue genti , è conosciuto dagli storici come “ tomba degli eserciti “. Gli inglesi, nell’Ottocento, ebbero qui disastri militari tra i peggiori .
Mentre facevo l’intervista , nei guai erano dunque ( e sarebbe toccata poi agli americani ) , impegnati in una guerra feroce da una parte e dall’altra , finita in una sanguinosa sconfitta per Mosca . Ebbene, mi raccontava il padre Bassotti che , mentre era in corso la lotta , giunse a Kabul un frate domenicano francese , il tipico intellettuale clericale ovviamente marxista , come esigevano i tempi . Quel religioso si mise subito in contatto con i russi nella capitale ed esternò la sua ammirazione e il suo sostegno all’Unione Sovietica e il suo desiderio che la benefica influenza comunista si radicasse pure in Afghanistan. Per questo lodava la “ repubblica popolare “ fantoccio messa in piedi e sorretta dai sovietici . I russi prima si stupirono, poi diffidarono e alla fine espulsero brutalmente dal Paese quel frate che parlava bene di loro e dei burattini locali ai quali avevano dato una parvenza di autorità. Doveva essere certamente , pensarono , un provocatore o una spia : in effetti , l’Urss andava verso l’ ingloriosa implosione sotto il peso del suo fallimento, da tempo nessuno più, neppure a Mosca , credeva nelle magnifiche sorti del marx-leninismo . Possibile che ci fosse un prete cattolico entusiasta di quel sistema ormai in agonia ? Purtroppo , era davvero possibile : come mi assicurò padre Bassotti, il frate rimandato dai russi nel suo monastero francese senza troppi complimenti, ci credeva davvero. Era in buona fede, credeva sul serio nel “ sol dell’avvenir “. Ed è questo il guaio , che coinvolse in quei tempi tante altre persone di Chiesa.
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Trovo – frugo sempre nelle mia cartelle – una lettera del 2005 inviatami da Fermo ( detto Mino ) Martinazzoli, il liquidatore della Democrazia cristiana , avendo coniato egli stesso motto : << Piuttosto che tirare a campare, è meglio tirare le cuoia >> . Ero in saltuari rapporti con lui : oltretutto era stato un buon sindaco di quella Brescia nella cui provincia abito da molti anni . Tra l’altro , mi sentivo solidale con lui, essendo egli pure un impenitente fumatore . Non giudico certo, qui, la sua decisione di sciogliere un partito che aveva ancora il voto di più di un quarto degli italiani e trovo paradossale che proprio quella DC che nel 1948 ci aveva salvato dal comunismo, chiudesse i battenti in contemporanea con un PCI costretto a congedarsi per la vergogna di ciò che aveva combinato il comunismo. Comunque , sull’onestà dell’uomo Martinazzoli e sulla sua coerenza con gli ideali cristiani nessuno, giustamente, ha mai avuto a che dire.
Ma è di ben altro che si occupa la sua lettera che mi è tornata tra le mani . Gli avevo scritto per qualche informazione che mi interessava su degli eventi nel Bresciano nell’immediato dopoguerra . Ne seguì uno scambio di lettere . In quella che mi è venuta sotto gli occhi, ,definisce << feroce stagione giudiziaria >> quella susseguente alla Liberazione. E così continua, testualmente : << Il pubblico ministero di questi processi a fascisti o presunti tali fu quasi sempre un alto magistrato che, durante la repubblica di Salò, aveva fatto la resistenza nascosto in una cascina nella campagna di Orzinuovi , nella bassa bresciana, la cittadina dove sono nato. Di cognome si chiamava Castellano , non ricordo il nome di battesimo, e fu un accusatore guardato con ammirazione dai partigiani perché considerato “ inflessibile “ . Chiese parecchie condanne a morte, per fortuna non sempre accolte dalla Corte >> . Ma , qui, l’epilogo a sorpresa, nelle parole di Martinazzoli : << La carriera del Castellano finì quando venne accertato che il severo , temuto Grande Inquisitore riceveva tangenti dagli imputati che erano in grado di pagare e di ottenere così richieste di assoluzione . Ci furono degli innocenti che furono fucilati perché erano indigenti , non potevano foraggiare l’inflessibile magistrato, acclamato dai partigiani >>
Un piccolo, ma significativo frammento della cronaca di quegli anni che – stando a certa storiografia di parte – avrebbero visto la purificazione democratica dagli orrori fascismo . Orrori che , veri o presunti che fossero , potevano essere cancellati da una bustarella all’austero vendicatore del popolo .
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Accennavo al conclamato tabagismo di Mino Martinazzoli , tanto che il suo studio da avvocato era conosciuto dai bresciani con un termine significativo : “ la Fumeria “ . Mi ricordava , in questo , uno scrittore cattolico che, per mia fortuna , frequentai parecchio : André Frossard , l’autore di quel Dio esiste , io l’ho incontrato che fu un best seller in tutto il mondo e la cui traduzione italiana curai io stesso, lavorando allora alla redazione della SEI , l’editrice salesiana. Lo accompagnai anche in un giro di presentazioni in molte città italiane . La moglie , che lo seguiva , mi confidò : << André risparmia sui fiammiferi . Ne usa solo uno, quello al risveglio . Poi, tutte le altre sigarette le accende col mozzicone di quella che ha finito di fumare >>.
Aneddoti , pur divertenti, ma che nulla c’entrano con quanto vorrei qui ricordare , cioè una frase che gli sentii dire dal palco di un teatro e che mi annotai : << La fede è ciò che permette alla ragione di vivere al di sopra delle sue possibilità >> . Mi ricordò Pascal : << L’ultimo passo della ragione è riconoscere che vi è una infinità di cose che la superano >> . E’ la ragione usata sino alle sue estreme possibilità che apre al Mistero. .
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Mi capita di sopportare uno dei soliti demagoghi , quelli che della povertà cristiana hanno fatto una ideologia : e, cioè, il fastidioso pauperismo. Che piace soprattutto, chissà perché, ai benestanti , ma solo quando è praticato da altri. Quel populista mi dice, con il tono scandalizzato di ogni moralista, che non approva quei missionari che chiedono soldi e ne spendono tanti per costruire una chiesa nel luogo africano o asiatico del loro lavoro . << Pensino prima a una scuola , a un piccolo ospedale , a un acquedotto , non a un tempio di pietra e marmi , ne facciano uno di paglia >>, mi dice il demagogo.
Mi succede poco dopo di imbattermi in una intervista al padre polacco Ryszard Szmydky , Oblato di Maria Immacolata , segretario general e dell’Opera pontificia di propagazine della fede . Dice quel religioso : << Per prima cosa, nei posti di missione, dobbiamo costruire una chiesa . E’ una spesa alla quale le istituzioni europee ed americane di benefattori danno con difficoltà finanziamenti. E invece è la cosa più urgente e importante . Chiunque sia stato missionario lo sa. La chiesa è il centro : il suo edificio non è solo luogo di culto e di preghiera, ma è anche scuola , in caso di emergenza ambulatorio, centro comunitario, sala di riunione , luogo per la catechesi ….La chiesa è tutto ed è per tutti . Una volta che ci sia , prima o poi arriverà una organizzazione benefica che scaverà pozzi e farà altro per un aiuto : ma sarà nella chiesa che si deciderà come fare e come gestire queste strutture >>
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A proposito di chiese. Scopro, in una pubblicazione spagnola , qualcosa che non conoscevo e che , per dirla chiara , mi lascia molto perplesso , usando un eufemismo . Comunque , lo storico che riporta il fatto è conosciuto e serio , la fonte è autorevole . Nel 1940, in segno di amicizia verso Francisco Franco che da un paio d’anni aveva vinto la guerra civile , Hitler decise di fare un regalo alla Spagna . Le chiese di tutte le regioni spagnole tenute dalla Repubblica guidata da socialisti, comunisti, anarchici, erano state devastate , spesso incendiate o distrutte con l’esplosivo. Inoltre , tutto ciò che era sopravvissuto era stato rubato.
Dicendo di voler agevolare la ricostruzione di quei luoghi , il governo tedesco inviò in Spagna quasi 70 tonnellate di oggetti di culto. Il fatto, però, è che quell’enorme quantità di materiale “ sacro “ proveniva da altre chiese : quelle della Polonia , invasa e saccheggiata dai tedeschi l’anno prima. Franco accettò il tragico “ dono “ . Realisticamente, va osservato che sembra buona cosa che quegli oggetti siano serviti non per un rogo sacrilego del pagano nazismo, ma per ridare vita a chiese spogliate. di tutto alla pari di quelle polacche . . In ogni caso , per un cattolico , è una storia rattristante .