VITTORIO MESSORI

Vivaio, Giugno 2015

Il Timone, di Vittorio Messori

Stateci attenti: l’avete trovata di certo sui testi  di scuola e chissà quante volte nelle  letture di libri, di terze pagine di giornali, nelle chiacchiere di tanti intellettuali da tv e da web . Parlo della giustificazione, da parte degli storici “de sinistra“ (per dirla alla romanesca),  degli orrori del Terrore nella Rivoluzione francese, di quello spaventosa orgia di sangue tra il  1793 sino al Termidoro, la fine di  luglio dell’anno dopo. Un disegno satirico dell’epoca -stampato in Inghilterra, ovviamente, per non finire sui patiboli francesi – raffigura Robespierre che ghigliottina il boia, non essendoci più nessun altro francese da decapitare . Subito dopo,  l’ Incorruttibile ghigliottina pure  se stesso. C’è una verità in questo disegno non del tutto paradossale  e mi pare che in qualche altra “ puntata “  ne abbiamo parlato: quell’ ideologo  fanatico , a un certo punto  cercò  la sua morte  come doverosa punizione.  Infatti,  si era ormai convinto che neppure lui era quel cittadino esemplare,  quel degno figlio della Repubblica  che esigeva lo schema di  Rousseau  di cui era discepolo. Così , sfidò la Convenzione che egli stesso dominava, terrorizzandola con un discorso dove affermava  che tutti erano degni della ghigliottina e non si curò di soffocare la  rivolta di quei complici che già si vedevano essi stessi in mano a Sanson , il capo-boia.  Si lasciò catturare e poi decapitare senza un gesto o una parola a sua difesa che avrebbe pur potuto in qualche modo significare malgrado la mascella fratturata dal colpo di pistola del gendarme còrso Merda (ebbene sì, questo il suo nome…).

Per giustificare quel genocidio franco-francese, gli  storici che dicevamo (e sono la maggioranza) invocano lo stato di necessità: bisognava salvare la rivoluzione dall’assalto dei reazionari. A situazione straordinariamente grave, occorreva opporre misure altrettanto gravi.  Ecco perché il Terrore fu messo << all’ordine del giorno>> .  In una simile  prospettiva, quel gruppo di invasati , di intossicati  dall’odore del sangue, di ideologi accecati,  di delinquenti sadici , quel gruppetto dunque di assassini che si era arrogato il diritto assoluto di vita e di morte su 25 milioni di francesi assume un aspetto eroico . Si è arrivati a inserirli in un alone di leggenda, quasi fossero antichi  senatori romani  che, per salvare la patria in pericolo (<< Annibale è alle porte ! >>), non avevano  esitato  davanti a misure estreme ma indispensabili . Così, la strage non solo è giustificata ma è giudicata come necessaria per contenere e poi sbaragliare  i nemici della liberté, égalité, fraternité. Energia  virile  , straordinario colpo di reni degli intrepidi membri del  Comitato di Salvezza Pubblica  che permise alla Francia di salvare la Repubblica e i suoi valori !

Stateci attenti, dicevo all’inizio, perché, vi ingannano, come càpita spesso in questioni storiche .Questa lettura che giustifica  la carneficina  traformando  i criminali politici in eroi , è menzognera. I fatti stanno lì a smentirla . Lo denunciava, già nell’Ottocento il grande storico – e statista – inglese Thomas Macaulay : << Se fosse fondata la difesa che si è escogitata a favore dei giacobini , se cioè  fosse vero che essi governavano con ferocie rigore perché la Rivoluzione versava in estremo pericolo , è chiaro che la strage  sarebbe diminuita  via via che il pericolo andava scemando. E’  vero il contrario:  la volontà omicida e la  crudeltà , per le  quali  la situazione di guerra non era  che un pretesto, si fecero  sempre più deliranti a misura che il  pericolo si allontanava e raggiunsero il culmine quando non vi era più pericolo alcuno >>. Macaulay ricorda che a metà del  1793 la Francia rivoluzionaria sembrava spacciata, tra sconfitte alle frontiere e rivolte in molti dipartimenti contro i  despoti di Parigi che dicevano di essere rappresentanti di un popolo  che, in realtà,  in un’ampia parte non li voleva. << Ebbene, in quel tempo otto o dieci teste al giorno a Parigi erano giudicate un tributo sufficiente alla patria in pericolo >>. Nell’estate del 1794, la situazione era capovolta : << Le province insorte erano  domate , le armate dei sanculotti erano vittoriose dai Pirenei al  Belgio, la Prussia decideva di  ritirarsi guerra,  la Repubblica era temuta dai suoi vicini come mai prima. Fu proprio allora che il Comitato di Salvezza Pubblica decise di moltiplicare i frutti della ghigliottina, con una media tra le quaranta e le sessanta teste al giorno tagliate  solo nella capitale >> . Proprio quando non c’era più bisogno di misure eccezionali, la Convenzione votava le leggi più aberranti  , prima di tutte  quella detta dei “ sospetti “ , un unicum di iniquità   e per la quale era trascinato al patibolo non solo chi fosse sospettato di    opposizione al Governo,   ma    chi non manifestasse un fattivo entusiasmo per esso . Bertrand Barrère , l’ abietto  “cantore della ghigliottina“ (e, purtroppo rappresentante alla Convenzione  degli Alti Pirenei, il dipartimento di Lourdes)  denunciò la tiepidezza  di molte zone e propose che da Parigi partisse un convoglio itinerante  di “giudici” di sicura fede giacobina,  portando al seguito  lo strumento di morte, con boia accluso, da rizzare nelle piazze della provincia e procurandogli subito molto lavoro .Del resto, come già abbiamo notato, lo strapotere di Robespierre terminò non proponendo  parte una diminuzione della strage ma, anzi, annunciando misure ancor più sanguinarie . E, questo, mentre la situazione sia interna che esterna della Repubblica era così tranquillizzante che già si progettava di  portare gli “immortali principi“, armi in pugno – come poi si fece – al di là delle Alpi , dei Pirenei, del Reno.

Insomma , lo ripeto: non cascateci se vogliono  spiegare e giustificare tutto quel sangue che, come cattolici non dimentichiamolo ,  fu anche di migliaia di sacerdoti e di suore.

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Il discorso, ovviamente, è di sterminata complessità ma mi pare che per capire quale sia la struttura fondamentale  dell’Islam occorre partire da questo suo nome che – come si sa – vuol dire “sottomissione“ . Ovviamente,  al Dio chiamato  Allah e alla sua imperscrutabile e onnipotente volontà . E da questo che tutto deriva : l’uomo non ha diritti, ha solo il dovere di sottomettersi,   lodando sempre e comunque Allah,  perché tutta quanta  la virtù sta nel chinare la testa senza fare domande, che sarebbero blasfeme. Tutto ciò che c’è da sapere , anche se non lo si capisce ,  sta nel Corano, che è stato dettato da Dio stesso e  che quindi  non è discutibile : chi cercasse di farlo sarebbe subito lapidato.  Allah  è invocato col rosario dei suoi   99 nomi,  tranne che con quello di “padre” . Il rapporto tra Creatore e creatura è, infatti,  quello stesso che intercorre  tra il padrone e lo schiavo.  La “sottomissione“  a Dio contrassegna , per logica  derivazione, ogni rapporto umano. Quello tra il re e il suddito, tra  il padrone e il servo, tra l’uomo e la donna , tra il padre e il figlio, tra il musulmano e il non musulmano . Persino tra uomini e animali,  per i  quali non può esserci non dico diritti ma  pietà alcuna. Sottomissione, ovunque!  Dunque, una piramide granitica di dipendenze, una prospettiva che è il contrario stesso di quella del Dio che si è fatto uomo e  che, congedandosi, dice ai discepoli : << Non vi chiamo servi ma amici >>.

Ne tengano conto quelli che, qui pure , si consolano ripetendo il solito mantra del “dialogo “

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Sono stato spesso aggredito da quelli che chiamavano (anzi,  chiamano, visto che esistono ancora, malgrado gli sia caduto in testa  il muro di Berlino ) i  “cattocomunisti“ . Aggredito verbalmente,  ma  ho anche  rischiato di peggio,  ad esempio quando mi azzardai a pubblicare  Rapporto sulle fede  col cardinal Ratzinger.

Si sa come Giuseppe Dossetti sia stato un maestro  tra i più influenti  in questa ricerca  di una “comunità  di ideali“ tra marxismo e cattolicesimo.  Tra l’altro ,  nell’immediato dopoguerra  collaborò attivamente, per la DC  ma in rapporto stretto col PCI  – che era allora quello di Stalin – alla stesura della nuova Costituzione.  Qui,  lasciò il suo  segno “sociale“ sin dal primo articolo , quel “ l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro “  che suona  un po’ grottesco . Che significa? Il  mondo intero è “fondato sul lavoro“ dei  miliardi di uomini che,  per centinaia di generazioni , durante i   millenni,  hanno, appunto , lavorato per trasformarlo  e renderlo abitabile.  Perché e come  potrebbe essere la specificità  di uno Stato, di una nazione,  ciò che coinvolge l’umanità intera ? In realtà, i democristiani proponevano una “repubblica  fondata sulla famiglia“ : generico anche questo (pure la famiglia è una realtà universale, o quasi) ma forse meno astratto. In realtà, quel richiamo al valore fondante del  “lavoro“ è un omaggio ai comunisti che lo pretendevano, è un  segnale di fratellanza con i marxisti, è  una retorica classista che si impose proprio grazie all’opera alacre di Dossetti. Il quale lasciò la sua traccia anche nel  Concilio Vaticano II, cui partecipò come consulente dell’arcivescovo di Bologna , Lercaro: in una intervista data anni dopo, Dossetti  disse la sua soddisfazione perché – grazie alla sua esperienza politica ed accademica- sapeva come indirizzare (qualcuno direbbe “manipolare“) le assemblee. Proprio questa conoscenza  gli aveva permesso di far prevalere la sua parte teologica, quella “di sinistra“. La quale , sul piano numerico, all’inizio del Concilio era in netta  minoranza e finì per imporsi a tutta l’assemblea grazie al lavoro insonne di consulenti teologici al cui traino erano molti presuli spaesati.

Dossetti, come si sa, si fece sacerdote,  poi monaco, fondò addirittura una famiglia religiosa , assicurò  che voleva nascondersi al mondo, vivere nella clausura, nel silenzio del chiostro , nella preghiera . Ottime intenzioni, ma che non ressero al virus politico che lo abitava ed era  ancora ben vivo in lui. Quindi eccolo , al principio degli anni Novanta, ritornare ai comizi sulle piazze per  quello che giudicava  un necessario apostolato per il credente . La difesa, cioè, della vecchia Costituzione di cui era stato uno dei padri: difesa ad oltranza, con divieto di toccare alcunché, foss’anche una parola. Dunque, quel testo transeunte  per definizione che è una Legge fondamentale degli Stati, quel testo che nasce  dai bisogni del tempo e va aggiornato collo scorrere del tempo testo, eccolo trasformato in  un Libro Sacro quasi  al pari della Bibbia.  Confesso che ho sempre considerata  molto sgradevole , al limite del blasfemo  questa sacralizzazione di un complesso di norme redatte –  tra compromessi ,  furbizie , trucchi, ricatti, sgambetti – da politici , magari  anche (come nel caso dei comunisti) drogati  da una ideologia divenuta una fede.  In ogni caso, la Francia – non dunque l’ultimo dei Paesi quanto a civiltà e cultura  – nel secolo scorso di Costituzioni ne ha cambiate tre e nel secolo precedente cinque o sei. Così gli altri Stati europei , ad eccezione della Gran Bretagna,  che di costituzioni non ne ha mai volute : è la patria della democrazia parlamentare , dunque non ha mai accettato una Legge Fondamentale,  proprio per il timore che rischiasse una idealizzazione inopportuna, ingessando con la teoria edificante la prassi  politica .

Per tornare a Dossetti : naturalmente , sia ai tempi della Costituente e poi negli incarichi direttivi nella Democrazia Cristiana,  l’asse portante del suo  pensiero, lo stendardo della sua vita politica   fu un antifascismo intransigente,  puro e duro, da moralista . Dimenticando , tra le molte altre cose,  che  Hitler era sceso in guerra perché si era cordialmente accordato con Stalin  per spartirsi la Polonia e che  l’Italia di Mussolini ebbe sempre – fino al 1941 del “tradimento“ del Fuehrer nei confronti dell’Urss colta di sorpresa dal  voltafaccia della amico nazista – che  l’Italia mussoliniana, dunque , in pubblico lanciava  invettive ma in privato ebbe sempre ottimi rapporti  politici e commerciali con l’Unione Sovietica. Per fare un solo esempio, buona parte della flotta di  Stalin fu costruita negli anni Trenta dai cantieri navali italiani e molto  del petrolio per la nostra industria era  fornito a condizioni di favore  dai pozzi del Caucaso comunista . E va poi aggiunto che, cinicamente, il regime italiano era riconoscente all’Urss perché Stalin , nelle sue terribili purghe,  fece sopprimere  quasi tutti  i comunisti italiani che si erano rifugiati a Mosca credendo di trovarvi il paradiso terrestre. Troveranno invece un plotone per fucilarli o un colpo di pistola alla nuca nei sotterranei della Lubianka.

Per tornare a noi:  nel 1943,  alla caduta del fascismo, Dossetti aveva 30 anni  ma , da quell’enfant prodige che era , già era un rispettato  professore universitario, dunque del tutto  inserito nel sistema , non era certo al confino o nelle galere del regime. Ma come aveva vissuto sino ad allora il clima politico? Lo disse, negli ultimi anni di vita , in una intervista con Lazzati,  il rettore della Università cattolica ed egli pure cattolico dossettiano. Disse il monaco ritornato alla politica: << Il fascismo era, in  Italia, completamente accettato e io avevo già allora assunto una posizione piuttosto negativa nei suoi confronti, una posizione di non adesione se non addirittura di protesta , senza peraltro avere indagato in modo approfondito sulle motivazioni del mio rifiuto >> . Concludeva  il monaco, sbrigativo e sintetico: << Insomma il fascismo mi stava epidermicamente sullo stomaco >>.

Purtroppo (e l’avverbio non è ironico  perché vorremmo, da cattolici, che  le cose stessero davvero così, essendoci di mezzo  la sincerità di  un sacerdote) purtroppo di recente gli archivi hanno fatto uscire un inedito. La stessa disavventura  è già capitata  anche a tanti altri, coraggiosi  antifascisti sì, ma solo dopo la caduta del fascismo di cui erano stati membri militanti. La vicenda di  Dossetti sotto il segno del fascio  è stata ricostruita tempo fa ,  con dovizia di particolari , anche dal quotidiano in rete La Nuova Bussola  Quotidiana . Sta di fatto che una ricercatrice, Rosanna  Maseroli Bortolotti, ha rinvenuto una scheda riservata , inedita, compilata nel 1937 dal Segretario del Fascio di Combattimento di Reggio Emilia che così recita: << Il camerata Giuseppe Dossetti è un ottimo elemento, disciplinato, attivo, di fede fascista , di intelligenza sveglia e forte . Ha dato indubbie prove di ottime qualità oratorie  e ha dato attività, sia alla sezione culturale della Gioventù Universitaria Fascista  sia all’Istituto Fascista di Cultura. E’ iscritto anche alla Fuci e all’azione cattolica. Frequenta il Circolo Cattolico di San Rocco>>. Dato il peso del personaggio e la presenza di suoi autorevoli  discepoli nella nomenklatura  cattolica (Romano Prodi è tra questi) è intervenuto prontamente il solito Avvenire : riconosciuta l’autenticità del documento ci si è però fissati  sulle  << qualità di oratore>> lodate dal Segretario fascista di Reggio . Dunque, si  è detto:  <<Sì, era bravo a parlare in pubblico , ma le sue erano conferenze di carattere culturale e artistico >>.  Forse, per la memoria dell’ illustre monaco  sarebbe stato meglio se questi suoi avvocati avessero taciuto . In effetti, al  giornalista Andrea Zambrano, che aveva seguito il caso, non è stato difficile recuperare un libro edito dal Mulino,  editrice  del tutto insospettabile perché   sempre gestita in ambiente dossettiano . Si legge , in quelle pagine, che, nel 1934 , un giornale bolognese dal nome significativo (Il solco fascista)  si complimentava caldamente con << l’abile  camerata Dossetti >> per << la conferenza dell’altra sera in cui ha messo in luce le terribili conseguenze del bolscevismo in antitesi alla meravigliosa  opera ricostruttrice e redentrice del Fascismo, che ha fatto dell’Italia  il centro di irradiazione di civiltà nel mondo >>.

Non male, va pur detto, per colui  che diverrà l’icona del cattocomunismo antifascista.  Nel 1942, cioè a solo un anno dalla caduta del regime,  chiamato come cattedratico a Modena, giurerà  senza problemi,  come tutti i docenti universitari , fedeltà assoluta alla parola del duce. Ma perché, allora ,  quel <<fascismo che gli  stava sullo stomaco>> , perché  quella  presunta << posizione di protesta >> di cui   parlerà tanti anni dopo,  mentre non solo non c’è traccia di un suo gesto o parola anticonformisti ma c’è la realtà  di una fulminante  carriera, con anche cattedra universitaria , con adesione piena, anzi apologetica  alla prassi e al pensiero dell’Italia littoria? Perché un religioso,  degno come tale di ogni rispetto,  perché ha scelto di  mettersi  al livello della manipolazione del proprio passato alla pari di un Dario Fo o di un Norberto Bobbio  o di un Eugenio Scalfari o di un Giorgo Bocca e di tanti altri? Sia chiaro : sono ben lontano da moralismi astratti , coltivo il realismo, non invoco giustizialismi, che aborro. Semplicemente mi chiedo:  non era meglio , per tutti questi ex, riconoscere onestamente di aver cambiato prospettiva dopo aver constatato dove portava un  regime in cui avevano creduto, spesso  in buona fede, dopo avere visto i frutti avvelenati di quell’albero che era sembrato loro vigoroso ?