24 marzo 1994 :: Corriere della Sera, di Luigi Accattoli
E’ morto ieri a Roma il prelato dell’Opus Dei Alvaro Del Portillo. Aveva 80 anni ed era appena rientrato da un viaggio in Terra Santa. Alvaro Del Portillo era il primo successore del fondatore dell’Opus Dei Escrivà de Balaguer, spagnolo come lui, e ne aveva realizzato il sogno di vedere l’Opera elevata a “prelatura personale”. Sotto il suo governo -durato 19 anni- la prelatura è passata da 60 a 77 mila membri, estendendo la propria presenza a 20 nuovi Paesi. Nato a Madrid l’11 marzo 1914, Del Portillo era entrato nell’Opera nel 1935 e subito Escrivà se l’era scelto come primo collaboratore, tenendoselo sempre appresso -per quarant’anni- e preparandolo a succedergli. Nel 1944 furono ordinati i primi tre preti dell’Opus e tra essi c’era Del Portillo. Da allora non c’è foto o filmino con Escriva in cui non si scorga, due passi indietro, silenzioso e arguto, il fedelissimo don Alvaro. Alla morte del fondatore, avvenuta il 26 giugno 1975, Del Portillo (che era stato anche suo confessore) fu eletto all’unanimità, al primo scrutinio, senza neanche un’astensione. Era laureato in ingegneria, filosofia e diritto canonico. Degli anni della prima formazione gli era restato un tratto di vivacità fisica e mentale e la passione per il tennis, che ha continuato a praticare fino a tre anni fa, quando dovette subire a Navarra, in una clinica dell’Opus, un delicato intervento chirurgico. Più dell’ingegneria e della filosofia, è stata la terza laurea, in diritto canonico, ad aiutarlo nella lunga battaglia che ha dovuto sostenere all’interno della Curia romana per l’attribuzione all’Opus della qualifica di “prelatura personale”, che ottenne soltanto sotto l’attuale Papa, nel 1982, sette anni dopo la morte del fondatore. Né si è trattato soltanto di una battaglia giuridica: specie negli anni di Paolo VI e di Benelli sostituto, l’Opus era guardata con sospetto nella Curia romana. Dagli atti del processo di beatificazione di Escrivà (avvenuta alla presenza di 300 mila persone, il 17 maggio 1992, a soli 17 anni dalla morte: un tempo record, un altro successo della regia Del Portillo) risulta che il fondatore dell’Opus non riuscì a farsi ricevere da Paolo VI per ben sei anni, dal 1967 al 1973. Toccò a Del Portillo spianare la strada. Benelli era stato nunzio a Madrid e considerava l’Opus troppo favorevole al franchismo e refrattaria al controllo curiale. La paziente opera di Del Portillo ebbe successo: nel 1979 Benelli, allora arcivescovo di Firenze, sarà tra i cardinali che chiederanno la beatificazione del fondatore. Ho incontrato Del Portillo una sola volta, a un ricevimento, nella primavera del 1986: c’erano state delle interrogazioni parlamentari sull’Opus Dei “società segreta” e monsignore (diventerà vescovo nel 1991) chiedeva incredulo: “Lei conosce questo Magister dell’Espresso che ha sollevato il caso? Che motivo ha per attaccare la Chiesa?”. Provai a rispondere che era curiosità giornalistica e che Magister era un cattolico. E Del Portillo, allargando le braccia: “Com’è possibile? Per me questo è un attacco al Papa”. Al ricevimento c’era Scalfaro, che era ministro degli Interni, e Del Portillo parlò a lungo con lui, che poi affermò in Parlamento -il novembre di quell’anno- che l’Opus “non è segreta né in linea di diritto né in linea di fatto”, per cui qualsiasi indagine dello Stato sarebbe risultata un'”inammissibile ingerenza nell’ordine in terno alla Chiesa”. Del Portillo fu grato a Scalfaro, ma quella vicenda l’aveva angustiato e in seguito volle che l’Opus desse la massima collaborazione a uno scrittore cattolico esterno alla prelatura, che facesse un’indagine e rispondesse a quei sospetti: “Solo così la finiremo con la storia degli intrighi”. L’inchiesta è stata compiuta da Vittorio Messori, che ha appena pubblicato Opus Dei: un’indagine (Mondadori). Nel suo viaggio all’interno dell’Opus, Messori parlò per una mattinata con il prelato e ieri ci ha detto che non lo trovò “come un ragno in agguato, ma attento, lucido, acuto e davvero un padre, come lo chiamano nell’Opus. Veniva voglia di confessarsi, più che di incalzarlo con le domande. Si vedeva che era stato ingegnere, specialista in ponti e strade. Si scorgeva, dietro l’abito vescovile, l’uomo di mondo”. Abbiamo chiesto a Messori anche un’impressione sul successore: dopo il duo Escrivà Del Portillo, l’Opus avrà un prelato non spagnolo? “Non è ancora il momento -risponde Messori-. Sono sicuro che verrà eletto alla prima votazione, come già avvenne con Del Portillo, l’attuale vicario Javier Echevarria. Solo dopo questa triade si porrà il problema di una successione che fuoriesca dalla matrice spagnola. Al momento non ci sono lotte di potere nell’Opera”
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