25 aprile 2008 :: Corriere della Sera, di Vittorio Messori
Comprendo bene lo sconcerto, se non la repulsione, di molti laici e increduli davanti a un santo come padre Pio e alle forme e ai modi del suo culto. Dirò di più: mi sentirei solidale con loro, quelle sensazioni di stupore infastidito sarebbero anche le mie, se le vicende della vita non mi avessero portato ad una prospettiva cristiana. Anzi, cattolica: in effetti, una simile devozione può essere compresa dalle Chiese greco-slave, seppur con sfumature diverse, ma è aborrita dalle confessioni cristiane che si richiamano alla Riforma. Per atei, agnostici, protestanti, uno dei vertici di questo horror clericale è stata certamente la diretta televisiva di ieri sulla esposizione del corpo del cappuccino, con adeguato trattamento al silicone sul volto, come ha spiegato lo specialista, ed urna a temperatura controllata.
Ma anche per molti cattolici che si definiscono “adulti“, tutto a San Giovanni Rotondo è teologicamente scorretto: da quel 1918 in cui sul corpo dell’oscuro frate si manifestarono le stigmate, sino ad oggi. E “scorretto“ sempre sarà, malgrado tentativi un po’ patetici di normalizzare lo scandalo che padre Pio rappresenta. E’ in questa linea di adeguamento al “mondo“ anche l’aver commissionato la nuova basilica a una star dell’architettura come Renzo Piano. Grande professionista, naturalmente , ma di esplicito, roccioso agnosticismo ed esponente di una cultura che è agli antipodi esatti di quella in cui è immerso il santo francescano.
Ci sono, nella storia di padre Pio, le plebi rurali del Meridione, c’è lo squallore di conventi miserabili più che poveri dove frati –condotti qui sin da bambini, spesso per necessità più che per vocazione –ciabattano in sai di dubbia pulizia. Una cultura stenta ed arcaica, ostile a una modernità che teme, ma di cui ignora le ragioni e gli sviluppi. Una religiosità dialettale, per turbe dalla cui devozione non è mai stata scrostata del tutto la tenace persistenza pagana. Su questo sfondo, ecco il sangue di piaghe che inzuppano asciugamani di tela grezza, ecco le voci di segni celesti e di miracoli, il formarsi di un culto presieduto da vecchie analfabete e passionali, con la testa avvolta da scialli neri, l’assedio al convento di povera gente che invoca la guarigione da mali antichi come tubercolosi, malaria, rachitismo. Il mondo di padre Pio è quello dei rosari, delle immaginette colorate, delle reliquie, delle indulgenze, degli angeli custodi, del timore del diavolo, degli esorcismi, dei fioretti, delle processioni per il santo patrono, dell’acqua benedetta. E’ il mondo di quella “pietà“ popolare che al Sud assume accenti esasperati e sulla quale ha scritto pagine memorabili il lucano don Giuseppe De Luca.
Una volta sola fui a San Giovanni Rotondo. Erano gli anni Settanta e trovai quanto attendevo: i pullmann della parrocchie di provincia attorno ai quali i pellegrini mangiavano panini e attingevano dal fiasco, un’edilizia caotica da cemento grezzo a vista, una massa di alberghetti tirati su in fretta, una cortina ininterrotta di vetrine e banchetti che offrivano oggetti di un kitsch caricaturale, spiazzi polverosi per parcheggi confusi, la gran massa dell’ospedale, di eccellente reputazione sanitaria, ma di architettura in “stile Ceasescu“. Sotto un sole implacabile, si muovevano colonne di pellegrini che intonavano canti alle stazioni di molte viae crucis, trascinandosi per mano bambini frignanti.
Questo ed altro del genere trovai. Non sono più tornato laggiù, perchè questo primo sopralluogo bastò a confermarmi nella devozione per padre Pio e nella convinzione che in lui si è davvero manifestato il mistero del Dio di Gesù. Un paradosso? Certo, così com‘ è paradossale quel cristianesimo che, parola di san Paolo, <<è scandalo e follia per il mondo ma, per coloro che credono, è sapienza di Dio>>. Com’è paradossale il grido di Gesù: <<Ti ringrazio, Padre, perchè hai rivelato queste cose ai piccoli e agli ignoranti e le hai nascoste ai grandi e ai sapienti>>. O com’è paradossale il Magnificat intonato da Maria, con il grazie al Padre che <<esalta gli umili>>.
Osserva Pascal che, nel cristianesimo, <<le cose sono vere o false, scandalizzano od edificano a seconda del punto di vista dal quale si guardano>>. Ponendosi in una prospettiva evangelica, è segno di verità proprio quanto provoca fastidio e sarcasmo in una prospettiva tutta umana. Intendiamoci: la devozione per padre Pio è interclassista, accomuna folle immense delle più diverse fasce sociali. Ma così come quel santo è, sociologicamente, un popolano meridionale, popolana può dirsi la gran massa dei suoi seguaci, popolani sono i loro gusti e le loro sensibilità. Questo, per un cristiano, non è motivo per dubitare, bensì per confermarsi nella presenza in quello stigmatizzato dello spirito di Gesù, che proprio di simili folle volle circondarsi e a simili semplici si rivolse in modo privilegiato. Folle che, oggi, sembrano secolarizzate, folle che tv e consumismi hanno inquinato ma che conservano, per istinto, qualcosa del sano, doveroso “materialismo“ del cristianesimo, religione di carne e di sangue. Il corpo nell’urna di padre Pio, le reliquie, le perdite ematiche delle stigmate: ciò che fa orrore all’ eterno gnosticismo intellettuale, alla sua astrattezza, al suo spiritualismo asettico, è proprio ciò che appare come un segno di Dio al sensus fidei di tanta cosiddetta “gente comune“. Anche, perchè, malgrado tutto, ho fiducia in essa, non ho intenzione di togliere dal portafogli l’immaginetta di un cappuccino con la barba bianca.
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