19 ottobre 2004 :: La Padania, di Alessandro Bonini
Il più prolifico scrittore cattolico, il giornalista degli scoop su Papa Wojtyla, non vede di buon occhio l’ingresso della Turchia nell’Unione europea, «perché la Turchia – ripete più volte in questa intervista Vittorio Messori – è storicamente l’anti-Europa per eccellenza». Accettarla, precisa, «significherebbe, per motivi di convenienza, rinunciare per sempre all’idea di un’Europa unita».
La Turchia dia «pieno riconoscimento» giuridico alla presenza cattolica nel Paese. Lo ha chiesto mons. Pietro Parolin, sottosegretario ai rapporti con Stati della Santa Sede, lunedì scorso rispondendo ai giornalisti a margine di una conferenza stampa in Vaticano.
«Il problema secondo me è abbastanza chiaro. Non è questione di discutere se la Turchia sia abbastanza democratica, se offra garanzie, se il suo processo di modernizzazione all’occidentale avrà o no successo. Sono cose del tutto accessorie. Sul piano storico la questione è molto chiara: la Turchia è storicamente l’anti-Europa. Non soltanto perché è un Paese islamico, ma perché gli ottomani, coloro che crearono questo Paese, subito si dichiararono nemici dell’Europa. Dal loro arrivo fino alla caduta dell’impero turco, furono sempre contro gli europei».
Già due anni fa, nel dicembre 2002, sulla rivista Jesus, lei scriveva quanto segue: «Sono sconcertato (per usare un eufemismo) nel vedere presa sul serio – e magari, alla fine, accettata – la richiesta di entrare nell’Europa da parte di quell’Anti-Europa per eccellenza che, storicamente, è stato l’ex Impero Ottomano».
«Ricordiamoci Lepanto. Perché le crociate? Perché sino a quando a Gerusalemme vi furono degli arabi più o meno tolleranti, fu possibile ai cristiani raggiungere il Santo Sepolcro; fu proprio con l’arrivo degli ottomani, cioè gli attuali turchi, che i pellegrinaggi divennero invece impossibili. Le crociate non furono altro che un pellegrinaggio armato: partire, aprendosi la strada con le armi, per raggiungere quel Santo Sepolcro dove i turchi non volevano che arrivassero i cristiani. La Turchia è sempre stata l’anti-Europa e peraltro va ricordato, ai cristiani immemori, che se la Turchia avanza delle pretese territoriali dicendo “anche noi siamo Europa”, riferendosi alla regione intorno a Istanbul, ebbene quel pezzo di Turchia in Europa è il frutto di una grande rapina, perché Istanbul era Costantinopoli. Era la nuova Roma, la città cristiana per eccellenza, la città delle mille chiese. Le mille chiese furono trasformate, con la violenza, in moschee. Il fatto che la Turchia abbia un pezzo di territorio cosiddetto “europeo”, è un’aggravante. Sarebbe come se i cristiani avessero preso la Mecca, l’avessero cristianizzata, avessero trasformato in chiese le moschee e dicessero: l’Europa si estende anche nell’Asia perché i cristiani hanno catturato la Mecca».
Perché allora la Turchia in Europa?
«La Turchia non solo non è uno Stato dell’Europa, ma in qualche modo ne è l’antagonista. Tutto dipende da che Europa vogliamo creare. Se noi rinunciamo al sogno di un’Europa davvero unita, beh, allora possiamo accettare anche la Turchia. Un discorso di “realpolitik”. Se noi apriamo le porte dell’Europa anche all’anti-Europa, possiamo tenerli più facilmente sotto controllo. Loro cercano vantaggi economici, ma sanno che se non si comportano in modo adeguato, quei vantaggi li possono perdere».
La Turchia è un “gigante islamico” e dopo l’adesione porrebbe problemi politici.
«Se noi aprissimo completamente alla Turchia le porte dell’Europa, almeno una decina di milioni di turchi nel giro di pochi anni ce li troveremmo in casa. Questo è uno dei problemi».
Il segretario federale della Lega Nord Umberto Bossi ha dato mandato ai suoi ministri e ai parlamentari di aprire un dibattito in vista di un referendum sull’adesione di Ankara all’Ue. La Francia ad esempio andrà certamente alle urne e l’Assemblea Nazionale ha già dibattuto la questione la settimana scorsa.
«Il cittadino europeo, come visto nei sondaggi effettuati in Francia e in altri Paesi, si rende conto che far entrare la Turchia nell’Ue sarebbe una violenza, innanzitutto culturale. Di fronte a questa prospettiva, la gente riscopre la sua identità attraverso i localismi, i regionalismi. Quella di Bossi è senz’altro un’ottima intuizione politica, come ha scritto anche Sergio Romano».
Non crede, come ha ammesso Giscard D’Estaing, “padre” della Costituzione europea, che tutte le decisioni più importanti prese da Bruxelles andrebbero sottoposte a referendum?
«Non credo affatto a chi come Giscard D’Estaing è espressione di lobby laiciste e anticristiane che si muovono in Europa».
Si riferisce al mancato riferimento ai valori cristiani nella Costituzione?
«Peggio per loro. Il non volere riconoscere una realtà lampante e oggettiva come le radici cristiane dell’Europa non è un peccato contro la fede, ma contro la storia e il buon senso. A proposito dei temi da sottoporre a referendum, non è l’Europa che invita a discuterne, ma la gente che si rivolta. Poi l’ultima parola sarà presa in qualche conclave chiuso, in una di quelle commissioni inaccessibili. Un esempio: qualcuno ci ha chiesto qualcosa sull’euro?».
Scriveva lei ancora nel 2002: «Alla nostra Unione non mi sono mai particolarmente appassionato, riservando sentimenti ed emozioni ad altre realtà, diverse da quel mix di interessi economici spesso egoisti o corporativi, di farraginose e pagatissime burocrazie, di ipocrisie politicamente corrette, quel mix, dunque, di carte e funzionari che si muove tra Bruxelles e Strasburgo».
«L’Unione europea finora è stato tutto fuorché democratica. Nessuno è in grado di controllarla. Partiamo ancora dalla storia. L’Europa in quanto patria è stata uccisa da Lutero. Così come la cosiddetta Turchia europea è il frutto di una violenza, il fatto che non possa più esistere un patriottismo europeo lo si deve alla riforma luterana. Il solo momento storico in cui l’Europa ebbe una sua unità, fu il momento della cristianità medievale. Era l’Europa cattolica. San Tommaso D’Aquino, parlando latino, insegnò in tutte le università europee passando da una all’altra senza bisogno di cambiare lingua e senza bisogno di cambiare cultura. La cristianitas dell’Europa medievale è la sola Europa che sia stata patria comune. La riforma ha distrutto tutto questo, ha staccato i Paesi e ha creato i nazionalismi, a partire da quello tedesco».
Il ministro degli Esteri armeno Vartan Oskanian, ieri a Roma per un convegno, ha detto che la Turchia continua a violare il diritto alla libertà di espressione e l’Unione europea “sta chiudendo gli occhi”. Oskanian si riferisce al fatto che proprio il nuovo codice penale prevede sanzioni a chi menziona il genocidio degli armeni. Io e lei a Istanbul finiremmo nei guai seri...
«Beh, io stesso, per aver parlato di genocidio, ho ricevuto qualche telefonata anonima in cui si annunciava che mi avrebbero fatto la pelle… Quindi non mi impressiono».
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