VITTORIO MESSORI

Perchè credere a Bernadette

8 ottobre 1012 :: Corriere della Sera, di Armando Torno

Era analfabeta. Non aveva mai frequentato il catechismo. La sua età: quattordici anni. Ma non era ancora donna e ne dimostrava dodici. Il nome: Bernadette Soubirous.

Fu questa ragazza che dall’11 febbraio al 16 luglio del 1858 vide, lei sola, per diciotto volte in una grotta (o nicchia di roccia) di Massabielle una figura di bianco vestita, con cintura azzurra e rose sui piedi, con una corona del Rosario. Nella terza apparizione, il 18 febbraio, la misteriosa presenza comincia a parlare. Non si esprime in francese ma nel vernacolo locale e si rivolge a Bernadette con il “voi”. Nel sedicesimo suo manifestarsi –è il 25 marzo- dopo che la giovane le chiese ripetutamente chi fosse, disse di sé: “Qué soy era Immacoulada Concepcioù”, ovvero: “Sono l’Immacolata Concezione”. Parole che confermano quelle del dogma di fede proclamato l’8 dicembre 1854. In quel luogo (Massabielle significa in dialetto occitano roccia vecchia), presso Lourdes, sulla riva sinistra del Gave, era dunque apparsa la Madonna. Un sito malfamato, ripugnante, dove i maiali venivano a pascolare e gli amanti irregolari si recavano a consumare indisturbati.

Lourdes non ha bisogno di spiegazioni, perché da oltre un secolo e mezzo è al centro della fede cattolica. Pio XI beatificò Bernardette nel 1925 e la canonizzo nel 1933. La letteratura sull’argomento è sterminata e ogni giorno aumenta. Vittorio Messori ha progettato da decenni un suo libro e ora finalmente lo pubblica. O meglio, quello che uscirà domani sarò il primo: Bernadette non ci ha ingannati. Un’indagine storica sulla verità di Lourdes (Mondadori, pp. 294, €. 18,50). Un secondo lo seguirà, anche perché -ricorda lo stesso Messori- il materiale raccolto lo rende opportuno. Comunque, l’opera distribuita in queste ore è qualcosa a sé e possiamo considerarla come una delle più documentate ricerche sulla giovane che vide e ricevette messaggi dalla Vergine. Non è semplicemente una difesa della santa che ha ormai un ruolo rilevante nella storia della fede cattolica e della società (Lourdes, con i suoi cinque milioni di pellegrini ogni anno, sempre in aumento, supera tuttora La Mecca), né ci troviamo dinanzi a una apologia. Il libro di Messori offre piuttosto la ricostruzione –con notevole spazio alle critiche- di una figura che Emile Zola definì “un’irregolare dell’isteria”, credendo che Bernadette fosse “in realtà … solo una povera idiota”. Le sue avrebbero potuto essere allucinazioni o invenzioni di adolescente frustrata? Gliele suggerirono genitori interessati o qualche ambiguo membro del clero? Messori non tralascia alcun particolare. E risponde a obiezioni vecchie e nuove.

I testi su Lourdes riempiono la biblioteche e non soltanto (in francese sono circa cinquemila), ma Bernadette non ci ha ingannati ha delle ragioni specifiche. L’autore ci ha confidato: “Come Ratzinger sono nato il 16 aprile e questo giorno è quello della morte di Bernadette e quindi la data della sua festa liturgica. Ma a parte tale aspetto, la chiave del libro va cercata in una convinzione che è salda in me: non è semplicismo apologetico, ma mera logica affermare: “Se Lourdes è “vera”, allora è tutto vero”. Un sillogismo speciale, perché se Lourdes è “vera”, il Credo della tradizione cattolica è “vero”: Dio esiste, Gesù è il Cristo, la Chiesa guidata dal Papa è custode e garante di tale verità. La Vergine stessa esorta la veggente: “Andate a dire ai preti di costruire qui una cappella”; inoltre chiede processioni affidate alla cure ecclesiali, appare seguendo il ciclo liturgico romano. Non c’è nulla di più cattolico di Lourdes e i pontefici hanno costantemente amato e privilegiato questo luogo. Giovanni Paolo II ne fece la meta del suo ultimo pellegrinaggio, Benedetto XVI vi si recò in uno dei primissimi viaggi. Ma già Pio IX lo ebbe caro, Leone XIII approvò una festa liturgica dell’Apparizione dell’Immacolata per la diocesi di Auch, che Pio X estese a tutta la Chiesa latina. Non sono che esempi.

Messori definisce Lourdes una “maniglia”, ovvero un appoggio a cui aggrapparsi quando la fede entra in crisi. E’ materia per i nostri giorni. Il suo procedere sembra quello, ci sia consentito notarlo, di un teologo medioevale: usa sino in fondo la ragione e, dopo averne esaminato il possibile, si apre alla prospettiva del mistero. O, se si volesse tradurre, questo percorso seguendo il filo del libro, diremo che dimostra come a un certo punto la ragione ci spinga sino a farci trovare davanti a una scelta. Già, una scelta. Lourdes la riassume.

Le pagine di Bernadette non ci ha ingannati riflettono la gioia di una ricerca infinita ma anche le fatiche di un credente che ama chiarire, Messori sembra Tommaso e, rivedendo il dipinto di Caravaggio dove l’apostolo infila l’indice nel costato di Gesù, siamo sicuri che ne ha indossato i panni per ragioni di fede. Ha verificato tutto, dai luoghi agli archivi, lavorando al santuario e alle tesi scettiche. Al terzultimo capitolo, dopo aver esaminato nella parte precedente le ipotesi sulla allucinazione, ricorda fatti che minavano la credibilità della ragazza. Ne ricordiamo uno: avrebbe ritrattato durante il primo interrogatorio del commissario Jacomet, scongiurando il funzionario di impedire ai suoi genitori di obbligarla ad andare alla grotta. Messori dimostra che dinanzi a un vecchio trucco poliziesco, giacché lei fu sempre granitica. Non arretrò, non si contraddisse.

Bernadette resta un paradosso vivente. Alta un metro e quaranta, soffre d’asma, ha un padre disoccupato, anzi fallito, incriminato e poi assolto per insufficienza di prova dall’accusa di aver rubato due sacchi di farina. Su di lei grava la burocrazia imperiale francese durante i giorni di Napoleone III. Ma nessuno, ribadisce Messori, riesce a soffocare la sua testimonianza. E’il niente che alla fine vince il tutto; la sua grandezza va cercata nella piccolezza. Non aveva nulla. Tiene a bada il mondo.

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