Vivaio, Febbraio 2016
di Vittorio Messori, Il Timone
E’ interessante sfogliare la monumentale Storia della massoneria italiana di Aldo A. Mola, il nostro maggior specialista del tema . Vi si trovano , tra l’altro, aneddoti spesso inediti e istruttivi su un mondo tragicomico come quello dei Venerabili Fratelli . Ad esempio : nel loro “ programma morale “ , le Logge ottocentesche auspicavano l’abolizione del gioco del lotto e di ogni altra lotteria pubblica . Definivano questi come << turpi giochi , sovrattasse su ignoranza e miseria >>.
Ebbene, Mola ha rintracciato una lettera a Giosué Carducci , massone esplicito e di alto grado , inviata dal suo “capo “ , Adriano Lemmi, il famoso e prestigioso Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia . E’ una lettera di raccomandazione per il cognatodi Lemmi : questi chiede a Carducci, da poco entrato al Senato grazie a una nomina regia ovviamente organizzata dalle Logge , di interessarsi perché al suo parente sia concessa una ricevitoria del gioco del lotto . Il quale , come si sa, era un monopolio da cui lo Stato ricavava molti introiti e toccava al governo ( e ai parlamentari ) assegnare i lucrosi botteghini dove si ricevevano le puntate. Il prof. Mola non ha però trovato alcun documento con un rifiuto sdegnato del poeta al Gran Maestro….
Ma allora , come metterla con l’etica massonica : raccomandare un congiunto perchè diventi addirittura strumento ufficiale ( e retribuito ) della “ tassa sulla miseria “ ?
Ma c’è di più : il nostro storico ci ricorda che il 27 dicembre nel 1890 Carducci tenne il suo primo discorso come senatore del Regno. Disse tra l’altro, col suo tono abituale, di indignato censore dei mali costumi italici : << Deputati e senatori non devono farsi sollecitatori di favori e di impieghi e meno che mai possono farsi raccomandatori >> .
Insomma pure tra i Liberi Muratori vale l’amara constatazione di Pascal, un cristiano che credeva sino in fondo alle conseguenze del peccato originale : << Quanto distanza c’è, negli uomini, tre le parole e la vita ! >> . Gratificante proclamare gli ideali , meno facile incarnarli nella vita. E questo, intendiamoci , riguarda anche noi cristiani.
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Per restare nelle Logge . Tra i fogli delle mie cartelle d’appunti, vedo la fotocopia di un articolo pubblicato il 31 dicembre 1889 su quella Rivista della Massoneria Italiana cui lo stesso Carducci collaborò , spesso con pseudonimi, malgrado non facesse mistero della sua attiva appartenenza .In verità , quando si mise a letto per l’ultima malattia , pare certo che abbia chiesto al suo capezzale la presenza di un sacerdote ma ( come facevano abitualmente i Fratelli quando uno di loro si avvicinava alla fine ) attorno alla sua casa bolognese fu creato un cordone per non far passare né un prete né un frate. L’articolo della rivista ha per titolo Vergini e donne e, naturalmente , si scaglia contro l’inutilità sociale e la disumanità dei monasteri ,ovviamente incomprensibili a tutti coloro che non credono nel valore della preghiera . Lo sdegnato autore termina così : << E ci si consenta un’ultima domanda : le suore abbandonerebbero il chiostro se il papa le sciogliesse dai voti che , da incoscienti, pronunciarono entrando in quelle oscure segrete , dove né il sole le riscalda , né Dio è loro grato , né la società le compiange o le ama ? Siamo sicuri che la risposta affermativa sarebbe unanime e immediata ! >>.
E’ una sicurezza abusiva , questa del propagandista ottocentesco autore del pezzo polemico che, o ignora, o rimuove l’esperienza della storia . La quale testimonia che ogni volta che si soppresse con la violenza il monachesimo , le religiose che fecero una inflessibile resistenza e rifiutarono di uscire dalla clausura furono molto più numerose dei religiosi. Almeno qui, il coraggio è donna. Avvenne durante la Riforma , durante la Rivoluzione Francese, durante le soppressioni del Risorgimento, durante la guerra civile spagnola . Naturalmente non mancarono le monacazioni forzate ( vedasi la celebre religiosa di Monza di cui parla Manzoni ) contro le quali intervenne più volte la Chiesa , incontrando la resistenza dei nobili . Ma, alla prova dei fatti, quando i nemici della Chiesa irruppero nei monasteri, non mancarono le tiepide che accettarono di uscire nel “ mondo “ ,ma la maggioranza – non solo in Francia – cercò di resistere e non poche scelsero il patibolo piuttosto che l’abbandono del loro chiostro. La Chiesa ha beatificato le sedici carmelitane di Compiègne che, cantando i salmi, salirono l’una dopo l’altra i gradini della ghigliottina piuttosto che lasciare il loro monastero . E proprio a proposito di Rivoluzione Francese abbiamo statistiche precise che confermano come il rifiuto di rinnegare la propria vocazione fu assai superiore tra le donne piuttosto che tra gli uomini. Spesso, quelle che furono trascinate a forza fuori dal loro chiostro, ricostruirono furtivamente la vita monastica , ritrovandosi in cantine , soffitte, case isolate dove ritrovare quanto più possibile il ritmo della preghiera e delle mortificazioni cui avevano dovuto rinunciare , almeno pubblicamente . Lo stesso era avvenuto, secoli prima, nell’Inghilterra di Enrico VIII, nell’Europa di Lutero e di Calvino e avverrà ancora nella Spagna della feroce persecuzione “ rossa “ , dove quelle che non furono subito massacrate e che furono messe davanti al dilemma “ o rinnegare la vita reclusa o morire “ , in maggioranza scelsero il martirio . Insomma , è la storia che insegna quanto sia abusivo pensare alle claustrali come donne imprigionate – tutte – in un ergastolo e in attesa di qualche “ liberatore “ che apra loro le porte.
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Ci affanniamo , noi che consideriamo l’apologetica essenziale per il cristianesimo, a cercare “ prove “ della verità della fede . A cominciare dalla “ prova “ prima e suprema : l’esistenza di un Dio, quale che sia, ma Creatore .
Ma forse sbagliamo affannandoci tanto ; o, almeno, così pensano i giuristi , sia quelli antichi che quelli moderni. In effetti, così recita una sentenza accettata universalmente da chi pratica il diritto processuale : Adfirmanti incubit probatio . E, cioè , << l’onere di produrre le prove tocca a chi accusa ( e non a chi si difende ) >>. Ebbene , applichiamo il nostro brocardo ( così si chiamano questi detti ) al caso che qui ci occupa. L’ateismo accusa i credenti di prendere sul serio delle favole o di seguire delle illusioni, credendo in un Dio che in realtà non esiste.
Innanzitutto, ricordiamo che l’ateismo è cosa moderna , nell’antichità fu teorizzato solo da qualche filosofo eccentrico , anche nel Settecento illuminista fu di piccole minoranze di intellettuali e divenne cosa per larghe masse solo con le ideologie dell’Ottocento, a cominciare dal marxismo.Il quale, tra l’altro, non si preoccupò affatto – almeno in Marx – di indagare , riflettere, portare motivazioni : l’inesistenza di un qualunque Dio era un postulato previo, perchè altrimenti gli uomini si sarebbero occupati più del Cielo che della Terra .
In realtà, tutta la storia ci dice che sin dall’inizio l’uomo è religioso , crede ( magari anche confusamente e in modi diversi e talvolta bizzarri se non aberranti ) in un Creatore e in una vita eterna : l’archeologia è in gran parte studio di sepolture, che appaiono in ogni cultura sin dalla preistoria e che testimoniano nella credenza in un’aldilà dopo la morte. Il credente non ha solo questa constatazione dalla sua : ha anche argomenti che solo una mente accecata dall’ideologia può rifiutare . Argomenti come l’impossibilità per il negatore di rispendere alla famosa domanda di Einstein : << Se un Dio non esiste, come mai c’ è l’universo e non il nulla ? >> . O argomenti come l’assurdità di sostenere che il mirabile meccanismo che sempre più constatiamo, man mano che avanzano i nostri strumenti di ricerca – dal nostro corpo alla goccia d’acqua – che quel meccanismo, dunque, sia l’opera di un “ Caso “ al quale, in realtà, l’ateo attribuisce capacità divine,.
Si potrebbe continuare a lungo ma questo basti : è l’ateismo , fenomeno recente e di minoranza , l’ideologia che si assume l’onere di contraddire la quasi totalità degli uomini vissuti sino ad ora. Sia chiaro : non parlo di una fede definita , di un Dio con un nome . Parlo del Dio del deismo , del Dio che sta dietro al mondo e all’universo intero, come è stato inteso e creduto in ogni tempo, cultura e modo. Questa credenza che ha accompagnato non solo la storia ma anche la preistoria ha dalla sua una superiorità schiacciante rispetto al moderno e in fondo molto minoritario ateismo teorico. Dunque , ricordiamoci del principio giuridico : non tocca a noi, credenti, tocca agli increduli addurre le prove di quanto affermano. Insomma, spesso lo dimentichiamo : siamo assaliti ma , almeno per la prima fase , tocca agli assalitori procurarsi quelle armi che non hanno.
Nei Discorsi a tavola di Martin Lutero si legge che i discepoli gli chiesero perchè Dio non ci diede un fede basata sull’evidenza, su una certezza indubitabile. Rispose il Maestro: << Se uno potesse credere pienamente, senza esitare , per la gioia non potrebbe più né mangiare né bere né fare alcunché e non desidererebbe altro che morire per godere del Paradiso >> . E’ una risposta plausibile ( assieme ad altre possibili, come quella della salvaguardia della libertà della creatura ) ma suona singolare nella bocca dell’iniziatore di una Riforma che ha sempre più radicalizzato il concetto implacabile di predestinazione . Giungendo sino a Calvino , per il quale Dio , << propter Suam gloriam >>, avrebbe scelto di creare gli uomini dividendoli in modo inspiegabile e definitivo in due categorie : i predestinati da sempre alla salvezza e i predestinati da sempre alla perdizione. Questi ultimi non hanno scampo , è inutile che moltiplichino le opere buone , nulla potrà salvarli dalla dannazione eterna, stabilita per essi ab aeterno . Lutero fu meno radicale , almeno in parole esplicite . Ma, in realtà, il suo dogma principale della inutilità delle opere per salvarsi porta alla stessa , terribile conclusione. Dunque , il monaco agostiano divenuto sposo di una claustrale benedettina , ci parla della gioia degli eletti se la fede fosse evidente, ma tace della disperazione di coloro che Dio ha destinato ( per la Sua gloria, ripeto …) a soffrire in eterno. Meglio che un Dio così , che gode della sofferenza senza fine di buona parte delle Sue creature non si riveli a noi in questa vita.
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Poiché si parla sin troppo ( anche, imprudentemente , nella Chiesa stessa ) di un presunto “ riscaldamento globale “ che minaccerebbe la vita sulla terra – e che è invece negato da scienziati autorevoli – mi è venuto in mente il celebre Emmanuel Le Roy Ladurie .E’ il primo storico accademico che abbia redatto una Storia del clima , opera imponente ma che non è stata citata da alcuno nel grande dibattito attuale , rinfocolato dalla enciclica ambientalista del Vescovo di Roma, come ama essere chiamato . Le Roy Ladurie fu comunista sino all’invasione sovietica dell’Ungheria e poi militò in vari partiti , sempre a sinistra . Ma la politica non lo condusse sino a rinnegare suo nonno, ufficiale dell’esercito francese , che si era rifiutato di obbedire all’ordine di sgomberare con la forza una casa religiosa. Era il 1902, con l’entrata in vigore delle leggi di soppressione delle Congregazioni cattoliche voluta dall’ex seminarista Emile Combes , divenuto fanatico anticlericale , come è spesso avvenuto ed avviene per gli “ ex “ .Il nonno del futuro storico, che rifiutò di operare contro dei frati per cacciarli dal loro convento, fu giudicato per insubordinazione da una Corte marziale ed espulso dall’esercito con , tra l’altro, la negazione di ogni pensione . Gli fu almeno risparmiato il carcere e la degradazione pubblica : bontà, davvero, del capo del governo, il sullodato Combes …….Nel 1915, a guerra mondiale scoppiata , le autorità ebbero un pressante bisogno di bravi ufficiali e , così, il militare cacciato con infamia per non avere voluto “ attaccare “ con i suoi soldati un convento come fosse una fortezza , fu richiamato in servizio. Ma, per “ marchiarlo “ comumque , non gli fu riconosciuto l’avanzamento di grado cui avrebbe avuto diritto per gli anni di espulsione dall’esercito . Un episodio che ricordiamo per confermare quale fosse il clima, per i cattolici , durante la III repubblica francese, il cui governo era il braccio scoperto ( e violento ) della società segreta
Idee politiche a parte , l’opera del nipote Emmanuel è non solo importante ma anche di interessante lettura : la sua originale storia del clima mostra come il tempo – caldo o freddo , secco o piovoso – condizioni o magari decida gli eventi della storia umana. Per fare un esempio , la rovina di Napoleone , quella disfatta in Russia che portò alla prima abdicazione, fu dovuta a un inverno che in quell’anno fu eccezionalmente precoce . Della sua seconda abdicazione, dopo la fuga dall’Elba , fu responsabile soprattutto la pioggia scrosciante nella notte che precedette la battaglia di Waterloo. Nella piana argillosa del Belgio, il fango paralizzò il movimento dei cavalli , fece impantanare i cannoni , impedì gli assalti della fanteria, immersa nella melma sino alle ginocchia . Le operazioni francesi poterono iniziare solo nella tarda mattinata , quando il sole aveva asciugato un poco il terreno, ma per il Bonaparte era troppo tardi, si diede così a Bluecher , capo dell’armata prussiana , di giungere verso sera a salvare i soldati di Wellington e a mettere in fuga i francesi. Ma, prima ancora , non era stata una imprevista e violenta tempesta nella Manica a scompaginare la spagnola Invencible Armada , salvando così l’Inghilterra staccatasi da Roma e rendendo impossibile la riconquista al cattolicesimo dell’ intera Europa, come desideravano gli imperatori austro-ispanici ?.
Ma Le Roy Ladurie fu il primo a rivelarci come il tempo atmosferico abbia avuto grande importanza anche nell’inizio della Rivoluzione Francese . Il caldo straordinario e la siccità dell’estate del 1788 impedirono il raccolto del grano , della frutta , nonché la vendemmia in buona parte della Francia. Così , la carestia imperversò e divenne drammatica, in attesa del raccolto del 1789 : ma anche in quell’anno la produzione agricola fu molto deludente. Il prezzo del pane e del vino raggiunsero livelli mai visti prima . Secondo lo storico , la rivoluzione divenne sin dagli inizi violenta anche perchè le folle, soprattutto parigine , erano esasperate dalla fame e avevano già tumultuato più volte, con tanto di barricate , prima che si riunissero gli Stati Generali. Fu facile , per i demagoghi borghesi ( ma anche gli aristocratici “ progressisti “ ) che vollero e guidarono la rivoluzione, servirsi di quella gente esasperata , impiegata , nell’esempio più celebre, nell’assalto di quel simbolo dell’ Ancien Régime , anche se ormai quasi inutilizzato, che era la Bastiglia . La rivoluzione fu voluta e gestita dalle classi alte ma la “ manovalanza “ violenta di cui avevano bisogno fu messa a disposizione dai popolani affamati dal clima avverso.
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A proposito di Rivoluzione francese. L’Unione Sovietica era stata appena fondata ed era riconosciuta soltanto da pochi Paesi. Tra questi non c’era la Francia che , nella nuova capitale, Mosca, non aveva un ambasciatore solo un rappresentante diplomatico. Costui, un giorno , chiese udienza a Lenin per protestare , a nome della umanità, per le stragi e le esecuzioni di massa che erano segnalate da molte parti. Lenin guardò quel francese con uno dei suoi temibili sorrisetti : << Ci accusate di essere crudeli ? Ma i vostri borghesi non lo furono altrettanto con quel Grande Terrore che è diventato simbolo della strage politica ? Venite proprio voi ad esortarci alla clemenza ? >> Una volta tanto , quell’uomo diabolico ( la vera “ anima nera “ del Novecento ) non aveva torto.