Vivaio, Dicembre 2016
di Vittorio Messori, Il Timone
Negli innumerevoli commenti sulla inarrestabile migrazione , soprattutto africana, verso l’Europa ritorna , come un mantra , la solita chiamata a giudizio del colonialismo, come responsabile della condizione disastrosa del Continente nero . E’ un problema che anni fa , in questa rubrica, si è già affrontato, mostrando come , in realtà , la condizione africana sia assai peggiorata dopo la decolonizzazione, con l’avvento al potere di corrotte e spesso sanguinarie oligarchie indigene. Invece , per i Paesi che possedevano imperi coloniali, l’abbandono di quei territori ha significato un colpo di fortuna economico . L’Europa si è ritrovata ben più ricca grazie alla decolonizzazione.
Prendiamo la Francia , titolare del maggior impero coloniale dopo la Gran Bretagna. Trovo precise tavole economiche che si riferiscono ai primi anni cinquanta quando , dopo la guerra mondiale , al Paese transalpino erano ritornati i territori africani ed asiatici e non si erano ancora costituiti quei “ movimenti di liberazione “ che quasi sempre non furono spontanei ma furono creati e sostenuti dall’Unione Sovietica.
Il governo francese pretendeva che le imprese della madrepatria non fossero libere di scegliere all’estero i prodotti più convenienti , ma acquistassero dalle proprie colonie ciò che potevano offrire . Una sorta di “ tassa “ pagata da ogni francese per sorreggere quelle terre lontane. Successe, del resto, anche in Italia, dove il fascismo istituì addirittura un “ monopolio sulle banane “ , costringendo gli italiani a consumare solo i frutti coltivati in Somalia . Erano di qualità inferiore e di un prezzo superiore rispetto a quelli di altre zone africane , ma la nostra colonia doveva essere privilegiata.
I francesi stavano ancor peggio , vista l’estensione del loro impero coloniale . Dicevo di quelle tavole statistiche anni Cinquanta . Ne risulta che il vino doveva esser acquistato dai grossisti francesi in Algeria a 25 franchi al litro , quando quello spagnolo o greco, di eguale qualità , costava 19 franchi. Il caucciù dell’Indocina era pagato 5 franchi al chilo, contro un prezzo mondiale di 2,50.Il cacao della Costa d’Avorio costava ai francesi 220 franchi invece di un prezzo internazionale di 180. Lo zucchero della Antille : 2,20 franchi invece di 0,50. E così via . A questo fardello economico , la Francia aggiungeva le grandi spese per le infrastrutture coloniali – strade, porti, scuole, ospedali – e il mantenimento di militari e di funzionari civili.
Non a caso gli inglesi , come al solito realisti e pragmatici, appena poterono si liberarono del loro immenso impero senza sparare un solo colpo di fucile e tirando, anzi, un grosso sospiro di sollievo. I francesi , meno attenti al business e più propensi ai richiami della grandeur e del drapeau sventolante in terre lontane , si impelagarono in guerre in Indocina , in Algeria , nel Madagascar ( qui, spesso lo si ignora, vi furono dai 60 ai 100 mila morti ) e altrove, ovviamente con altre spese stratosferiche . In ogni caso , quando fu costretto a rimpatriare le sue truppe , il Paese cominciò il maggiore boom economico del secolo . Come, del resto, in Gran Bretagna , mai stata così ricca dopo la rinuncia all’impero. Al contrario , nelle ex colonie, cominciò il disastro che ancor oggi peggiora di anno in anno, malgrado l’invenzione di un termine consolatorio e bugiardo : << Paesi in via di sviluppo >>.
Un semplice appunto, questo nostro per ricordare che le attuali migrazioni in massa degli africani hanno radici ben più complesse di quanto voglia il semplicismo demagogico, anche clericale, che dà ogni colpa al colonialismo. Ancora una volta va ricordato : la storia è complessa e gli ingenui o i provocatori che vogliono dividere l’umanità tra buoni e cattivi hanno sempre torto.
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Falcone Lucifero, dei marchesi di Aprigliano, morto alla soglia dei cento anni , fu sino all’ultimo il “ Maestro della Real Casa “ di Umberto II: un ruolo , il suo, solo virtuale, poiché seguì nell’esilio il re che aveva abdicato dopo il referendum del 1946. A Cascais , dove aveva dimora l’ex-sovrano, fu per lui fedele amico , rappresentante ufficiale , segretario privato. Scopro , nelle sue memorie , che , nella stanza da letto nella modesta villa in Portogallo, sopra il comodino , Umberto II tenne sino alla morte una busta con alcune lettere . Non fotocopie ma autentiche. Erano firmate , come costume del mittente , “ sac. Bosco Giovanni “ . La cosa fu confermata dai familiari del sovrano in esilio. Anche se l’ex-re non lo disse neppure al marchese Lucifero e si limitò a farlo intuire , si trattava delle lettere che erano state inviate al suo bisnonno, Vittorio Emanuele II, per dissuaderlo dalle leggi anticlericali prima del Piemonte e poi del Regno d’Italia . Missive assai severe , dove si prospettavano persino castighi divini. C’è da riflettere : come avvertiva don Bosco – ispirato dai suoi sogni inquietanti – si annunciava persino la fine della dinastia dei Savoia in quanto regnanti.
Non si era voluto ascoltare la voce di Dio attraverso il suo messaggero, e adesso ecco qua : non più il Quirinale , ma una casa borghese sull’atlantico con addirittura il divieto , sancito dalla nuova costituzione, di rientrare in Italia. Insomma , il Risorgimento come orgogliosa impresa sabauda , finito in alcune , vecchie lettere sul comodino dell’ ex re . Un memento malinconico sul quale Umberto, sincero cattolico , voleva evidentemente meditare ad ogni sera e ad ogni risveglio.
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Papa Francesco, affrontando il suo primo viaggio negli Stati Uniti , ha voluto fare una prima tappa a Cuba . Da sempre, fin da quando non era che un gesuita argentino , ha rapporti cordiali con il regime di Fidel Castro e , da papa, è stato un mediatore decisivo per giungere alla ripresa dei contatti tra Washington e uno degli ultimi regimi esplicitamente comunisti. L’incontro cubano, come previsto , è stato molto cordiale e il papa ha celebrato la messa nel luogo simbolo de l’Avana, la Plaza de la Revoluciòn , dove campeggia da sempre un grande ritratto di quell’ eroe nazionale castrista che è Ernesto Guevara , detto “ el Che “.
Va detto che di fronte a quella gigantesca icona hanno consacrato il vino e il pane anche i due predecessori di Bergoglio, Wojtyla e Ratzinger . Francesco, dunque , era buon terzo .Del resto , l’Unesco ha incluso gli scritti del guerrigliero comunista addirittura nella “ Memoria del mondo “, includendoli nella lista del “ Patrimonio dell’umanità “ .
Devo dire che questi omaggi di Nazioni Unite e Chiese ( non soltanto quella cattolica ) mi hanno sempre sorpreso. Possibile che nessuno abbia mai letto quegli scritti, incoronati come una ricchezza per il globo intero ? Eccone un piccolo assaggio, che traggo dai “ Testi politici “ del Che : << L’odio come fattore di lotta. L’odio intransigente contro il nemico che permette all’uomo di superare i suoi limiti naturali e lo trasforma in una efficace , violenta , selettiva, fredda macchina per uccidere . I nostri guerriglieri devono essere così : un popolo senza odio non può distruggere un nemico brutale >> . Un altro assaggio, sempre da quel “ patrimonio dell’umanità “ : << Amo l’odio, bisogna creare l’odio e l’intolleranza tra gli uomini perché solo questo li trasforma in perfetta macchina per uccidere >>. Scegliendo ancora a caso : << La via pacifica è da scordare e la violenza è inevitabile . Per la realizzazione del regime socialista a Cuba dovranno scorrere fiumi di sangue nel segno della liberazione , anche a costo di una reazione atomica >>. Chi scriveva queste cose ( e molte altre ancora ), tutte all’opposto del Dio solo misericordia di Bergoglio, non si limitava alle minacce ma sapeva anche passare ai fatti . Stando alle stesse pubblicazioni del regime – che ne fanno un titolo di gloria – il mitico e venerato Che è stato personalmente coinvolto in 144 esecuzioni sommarie , alcune delle quali eseguite da lui stesso .
Non sono di certo un ingenuo idealista , rido dei candidi utopisti , capisco bene le ragioni e spesso gli obbligati cinismi della politica , anche di quella vaticana . Ma continuerò a non capire perché mai nessuno tra gli ospiti illustri dell’Avana abbia mai fatto almeno un cenno che mettesse in discussione l’aureola posta sul capo di un simile personaggio .
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La lettura e la riflessione su Alexis de Tocqueville- il filosofo della politica nonché politico in proprio, l’iniziatore della sociologia moderna – mi accompagnano sin dai tempi universitari. Laico, liberale, ma rispettoso della religione, contrario all’anticlericalismo del suo tempo ( l’Ottocento), ispiratore anche di Cavour, seppe però scrivere cose come questa : << In tutta la storia di tutti i popoli la miscredenza è sempre stata un raro accidente. La normalità di ogni popolo è stata, è, e sarà , una fede religiosa >> .
Quanto però alla stima per le religioni , de Tocqueville fa una eccezione che è anche una profezia che oggi vediamo realizzata . Scrive , infatti , e questo, si badi, a metà dell’Ottocento : << Dopo aver molto studiato il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l’uomo di quella di Maometto. A quanto vedo l’Islam è la causa principale della decadenza oggi così evidente nel mondo musulmano, e benché sia meno assurdo del politeismo degli antichi, le sue tendenze sociali e politiche sono secondo me più pericolose. Per questo, rispetto al paganesimo, considero l’Islam una forma di decadenza anziché una forma di progresso >>.
Quanto alla politica , de Tocqueville saprà essere altrettanto profetico , intravedendo che il pericolo della democrazia ( ai suoi tempi nata da poco ) sarebbe sato inevitabilmente il populismo . Proprio ciò che noi, ora, vediamo in atto in Europa e anche nella Americhe , quella del Nord compresa . Stabilisce , con anticipo di un secolo, le caratteristiche che avrà ogni demagogia populista . Leggendolo , sembra di vedere una descrizione perfetta di un Beppe Grillo o di quel Gianroberto Casaleggio che ha usato il comico come altoparlante. Vediamo dunque la tappe di ogni “ grillismo “ secondo de Tocqueville : << All’inizio c’è sempre un predicatore carismatico , c’è l’invidia dei mediocri e degli anonimi per i privilegiati , c’è l’odio per chiunque comandi, c’è l’ossessione della minaccia un nemico sia interno che esterno, c’è una semplificazione brutale della realtà , c’è la certezza di far parte di una comunità di salvati dall’apocalisse imminente >>. Può esserci descrizione più precisa di quel cinquestellismo che ci circonda , anzi ci minaccia ?
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I lettori che mi hanno seguito negli anni sanno che , né in libri né in giornali, mai sono entrato in questioni politiche del momento . Mi fu dato di scoprire il Vangelo mentre stavo laureandomi proprio in Scienze Politiche e a quei temi pensavo di dedicare il mio desiderio di scrivere. Ma quando la fede , senza alcun merito, irruppe improvvisamente nella mia vita, compresi che dovevo dedicarmi unicamente all’ approfondimento della verità evangelica . Già troppi si occupano delle vicende di questa vita e ben pochi ( purtroppo nella Chiesa stessa ) si occupano di quell’altra vita, quella nientemeno che eterna , per aprirci la quale il Cristo è venuto. Così , non ho aggiunto nulla neppure al profluvio impressionante di parole pro e contro Silvio Berlusconi , profluvio che dura ancora e da ormai più di vent’anni. Posso dunque permettermi qui un cenno che non ha né vuole avere , significato politico, bensì umano. Un cenno che può forse aiutarci a capire quanto sia oggi confusa la scala dei valori . Il Berlusconi di cui parlo ha raggiunto gli 80 anni proprio mentre i chirurghi gli praticavano una difficile e rischiosa operazione a cuore aperto. Non è un mistero che ha già subito un’altro, non irrilevante intervento medico , a causa di un tumore della prostata . Altri guai lo hanno riguardato, come le non lievi lesioni quando uno squilibrato gli fracassò sulla testa un robusto souvenir turistico preso da una bancarella . Ha alle spalle una vita familiare complicata , con un paio di divorzi e con molte altre cose in questioni sessuali , tanto da avere subito , in materia , addirittura dei processi . Giusti o sbagliati che siano noi non sappiamo e qui non ci interessa. Qualcuno ha fatto la conta : per questioni non sessuali ma politiche, sono ben 73 i processi nei quali è stato e, per molti di loro , è tuttora implicato. Ebbene , per l’importante compleanno ( gli 80 , per la Bibbia, sono addirittura il termine estremo della vita umana ) il già capo del nostro governo ha concesso una intervista approfondita , che è andata su tutti i media . Come ultima domanda , il giornalista gli chiede se ha rimpianti , magari rimorsi , riandando al suo lungo passato , pieno di successi e di insuccessi , di gioie e di dispiaceri. Questa , senza esitazioni , la risposta di Berlusconi : << Sì, mi addolora soprattutto il fatto che i tanti altri impegni mi abbiano impedito di dedicare alla mia squadra , il Milan, tutto il tempo che avrei voluto e che i giocatori e i tecnici meritavano >>.
Non si vuole, lo dicevamo, giudicare alcuno o assumere – Dio scampi ! – parti politiche. Ma mi si lasci dire che una simile risposta mi è sembrata molto rattristante .
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Settantun anni dopo la fine della guerra , ecco arrivare il solito 25 aprile, la solita commemorazione di quella Resistenza che sarebbe stata combattuta da coloro che sono iscritti all’Anpi , Associazione Nazionale Partigiani d’Italia . Mi chiedo , ogni volta , quanti e quali siano questi iscritti, visto che i più “ giovani “ dovrebbero avere novant’anni e più. Vabbè , rallegramenti e auguri per gli intrepidi vegliardi . Ciò che infastidisce uno come me , attento alla storia – magari anche minore – è che pure quest’anno sia stato citato ( e spesso riproiettato in tv ) il film Roma città aperta dell’antifascista Roberto Rossellini. Certamente “ antifascista “ il film lo è , ma certamente non lo fu il regista : prediletto da Vittorio , il figlio di Musssolini, al giovane Roberto il regime commissionò , con larghezza di mezzi , i più importanti film di propaganda della guerra al fianco dei tedeschi. Ancora all’inizio del 1943, dunque già sull’orlo del baratro, fu distribuito nelle sale ( quella ancora scampate ai bombardamenti ) il film, di Rossellini appunto, dal titolo L’uomo della croce , storia di un cappellano militare che partecipa, zelante ed eroico , alla spedizione italiana nella guerra tedesca contro l’Unione Sovietica. Naturalmente , il regista non fa cenno alla disfatta e alla ritirata nella neve , da cui pochi scamparono. Ritirata che, tra l’altro, era terminata da poco, con rari superstiti Insomma, il solito film di propaganda bugiarda , al limite della spudoratezza . Nel luglio di quello stesso 1943 , il fascismo cadeva e venne poi l’occupazione tedesca di Roma , che ebbe fine all’inizio dell’estate del 1944. Poche settimane dopo l’arrivo degli Alleati , il nostro già cominciava a girare Roma città aperta. Come ha scritto un critico : << Nel film di Rossellini di pochi mesi prima , i comunisti erano i malvagi da combattere e , se possibile , da convertire . Nel primo film di un Rossellini “ illuminato “, pochi mesi dopo , sono i comunisti che combattono per la libertà contro i fascisti >>.
I commenti sono superflui.
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Qualcuno ne parlato , sui media , nella lunga, chiassosa , spesso ridicola campagna elettorale che ha preceduto l’elezione del presidente degli Stati Uniti. Questi esistono da 239 anni ma per 222 anni ( pari al 93 per cento del tempo ) sono stati in guerra . Due guerre mondiali ; guerre civili a partire da quella di secessione ; guerre in Asia, come in Corea , in Vietnam, in Afghanistan, in Iran, nel Libano ; guerre in Africa , come quella in Somalia ; guerre nell’America Centrale, come in Guatemala. Non a caso, da sempre , nel Paese le forze armate sono i maggiori acquirenti non solo di armi ma anche di tutto ciò che occorre per equipaggiare così grandi quantità di persone chiamate a battersi nel mondo intero. Su terra , su mare , nel cielo. Si sa come gli Stati Uniti amino definire se stessi come “ l’Impero del Bene “ , che combatte impavido gli “ Imperi del Male “ . Può darsi che qualche volta sia andata così, ma sarà davvero accaduto, sempre e comunque, in 222 anni di guerra ?
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In un’ Europa che discute non se ( ormai è deciso ) ma da quando e come liberalizzare le droghe, partendo per ora dalla marijuana , continua la tenace guerra al tabacco. Guerra condotta da quegli stessi governi nei cui bilanci si aprirebbe un buco preoccupante se fossero presi sul serio e se , dunque, diminuisse di molto la vendita di sigarette . Su di esse , le tasse statali superano l’80 per cento e c’è un provvedimento economico immutabile che si ripete a ogni necessità urgente di denaro : aumento immediato, da un giorno all’altro, di benzina e tabacco. L’ultima misura di dissuasione ( imposta dall’Unione Europea ) è costituita dalle foto macabre su ogni pacchetto di sigarette per ricordare sino a che punto il tabacco possa essere dannoso. Una delle immagini, tutte repellenti, mostra una coppia in lacrime davanti a una piccola bara bianca. La scritta sottostante dice : << Il fumo può uccidere il bambino nel grembo materno >>.
Non si potrebbe dire meglio, credo, di Luca Del Pozzo, un giornalista che scrive su il Foglio. Ecco qua : << Quella immagine sui pacchetti è cosa che più ributtante non si può. Ripugnante oltre ogni misura è l’ipocrisia di questi burocrati che , mentre si preoccupano della salute del feto esposto al fumo dei genitori, non si fanno scrupoli e anzi promuovono come una battaglia di civiltà quella cosuccia che il feto , a differenza del fumo, lo uccide di sicuro : l’aborto . Un crimine contro l’umanità senza eguali nella storia, la cui aberrazione non conosce limiti se è vero, come è vero, che è ormai pratica comune anche il cosiddetto “aborto a nascita parziale” , effettuato al nono mese di gravidanza tramite schiacciamento della testa del bambino o , a scelta del chirurgo, lo spezzamento della colonna cervicale >>
Non dimentichiamo che , parola di Vangeli , ciò che suscita maggiormente la sdegno e la condanna di Gesù è l’ipocrisia. Dai tempi in cui il Messia era tra noi non solo non è scomparsa ma non ha fatto che accrescersi , sino ai vertici che dicevamo.