Messori e l’Opus Dei, indagine o apologia?

n.11 del 1994 :: Famiglia Cristiana, di Renzo Giacomelli

Esce in questi giorni, edito da Arnoldo Mondadori, Opus Dei. Un’indagine, scritto da Vittorio Messori. Con evidente entusiasmo per l’argomento che sta trattando, l’autore “indaga” per 250 pagine su nascita, sviluppo, organizzazione, opere, spiritualità e ascetica dell’istituzione fondata nel 1928 dal sacerdote spagnolo Josemaria Escrivà de Balaguer, beatificato da Giovanni Paolo II nel maggio di due anni fa.

Nella sua fatica Messori ha trovato l’ampia collaborazione di dirigenti centrali e periferici dell’Opus Dei, che gli hanno aperto gli armadi degli archivi e le porte di residenze universitarie e di altre opere gestite dai membri della Prelatura. L’ultima parte del libro, sui rapporti tra l’Opus Dei e il franchismo in Spagna, è scritta dallo storico Giuseppe Romano, membro dell’istituzione.

Nelle prime pagine Messori mette le mani avanti e prevede che alcuni «diranno che questa non è una “indagine«, come annuncia il titolo, ma una “apologia”. Mette le mani avanti, ma inciampa lo stesso. Perché al termine della lettura si ha proprio la sensazione che si tratti davvero più di un’apologia che di un’indagine. Prendiamo i capitoli che presentano la spiritualità dell’Opus Dei, cioè la ricerca della santità nella vita ordinaria. Messori, seguendo per filo e per segno gli autori interni all’Opus, sostiene che si tratta di una novità assoluta e anticipatrice del Vaticano II. Un’indagine avrebbe imposto di cercare se ai tempi di Escrivà de Balaguer non stesse già fermentando una spiritualità del genere: ad esempio, tra i laici che, in vari Paesi europei, lanciarono l’Azione cattolica. Questo per limitarci ai contemporanei, perché risalendo di qualche secolo si possono leggere pagine assai efficaci sulla “devozione” dei laici nella Filotea di san Francesco di Sales, e capitoli di densa teologia laicale nelle Cinque piaghe della Chiesa del Rosmini.

Un’indagine avrebbe anche suggerito di scavare un po’ di più sull’accusa di gracilità teologica rivolta a Cammino, la più famosa e diffusa raccolta di massime del fondatore dell’Opus Dei. Lo stesso dicasi del rilievo di spiritualità tradizionalistica e individualistica mosso non di rado all’Opus. Non dipenderà da essa il fatto che normalmente i membri di questa istituzione si collocano su posizioni moderate o conservatrici sia in campo teologico che in quello delle scelte sociali e politiche? La libertà di cui godono, come è affermato negli Statuti, non dovrebbe portare a un ventaglio di opzioni? Un’indagine avrebbe infine richiesto di ascoltare anche qualche ex membro dell’Opus, magari per demolirne le critiche, che riguardano spesso il metodo pedagogico dell’istituzione.

Apologia più che indagine, quella del Messori, per di più appesantita da innumerevoli digressioni polemiche verso i cattolici progressisti, i preti in giacca e cravatta, la gerarchia che parla troppo (attraverso documenti, convegni, sinodi). Dura polemica anche nei confronti dei protestanti, e dei calvinisti in particolare, ai quali Messori nega di avere concepito il lavoro come luogo di santificazione, come invece fa l’Opus Dei. Gli regalo una citazione del poeta inglese Georges Herbert, protestante e contemporaneo di Calvino: «Insegnami, mio Dio e re, a vedere Te in ogni cosa, e tutte le cose che faccio insegnami a farle come se fossero per Te… Chi spazza una camera, come per tuo ordine, rende bello e questo e quella».

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