Quel miracolo di gamba

giugno 1999 :: Il Giornale, di Stefano Zurlo

Gli scienziati, se interrogati, liquiderebbero il fantascientifico reimpianto con un sorrisetto scettico. Gli spagnoli, che non a caso spagnoleggiano, lo descrivono invece con paroloni altisonanti: el milagro de los milagros, il miracolo dei miracoli. Forse, per una volta, i vocaboli sono appropriati, anzi no, inadeguati per difetto davanti allo strepitoso evento. li fatto accadde fra le 22 e le 22.30 del 29 marzo 1640 a Calanda, un paesino della bassa Aragona: a un contadino analfabeta tale Miguel Juan Pellicer; fu misteriosamente riattaccata, mentre dormiva in casa sua, la gamba destra, spezzata sotto le ruote di un carretto e amputata due anni e cinque mesi prima. Un fatto sbalorditivo: di più e meglio di quanto sono riusciti a fare, 358 anni dopo, i chirurghi dell’ospedale Herriot di Lione. Un fatto che suscita in ciascuno di noi facili ironie. E però quell’incredibile vicenda – che volentieri attribuiremmo a un illusionista – appare ben documentata, così come ce la restituisce Vittorio Messori nel suo tredicesimo libro, appena arrivato in libreria (Il miracolo, Rizzoli, pagine 253, lire 28mila).

Messori ha un merito: fu il primo a non crederci, quando si imbatté nel milagro di Calanda. Solo al termine di un’estenuante ricerca ha dovuto arrendersi, dice lui, all’evidenza dei documenti che mettono in ginocchio i Voltaire, i Renan, gli Zola di tutti i tempi. Che cosa chiedevano i razionalisti? Un segno che non potesse essere smentito: le guarigioni, anche quelle pc inspiegabili accadute a Lourdes, non li convincevano. No, volevano appunto vedere rispuntare una gamba o un braccio tagliati, volevano insomma a prova certa della mano di Dio. Non sapevano che alla metà del Seicento la Virgen del Pilar di Saragozza li aveva già accontentati.

Miguel Juan Pellicer era nato alla fine di marzo del 1617 a Calanda, un villaggio che nelle guide turistiche occupa due righe: è il paese natale del regista Luis Bunuel ed è famoso per i riti della settimana santa. Punto. Vita banalissima, quella di Miguel: lavorava nei campi con i genitori, ma la terra della bassa Aragona, arida, quasi desertica, non dava granché: alla fine del 1636 il ragazzo andò dagli zii a Castellón de la Plana, nelle fertili terre dell’antico regno di Valencia. Fu lì che nel luglio successivo avvenne l’incidente: forse per un colpo di sonno, Juan cadde dal mulo e finì sotto le ruote di un carro. La gamba destra, fratturata all’altezza della tibia, fu infine amputata quattro dita sotto il ginocchio all’ospedale di Saragozza. Dimesso nella primavera del ’38, Pellicer uscì dall’ospedale con una pierna de palo y muleta, ovvero una gamba di legno e stampella, e una patente per mendicare davanti a una delle porte del Pilar, a Saragozza.

Nei documenti ufficiali è etichettato come pordiosero de plantilla, mendicante in pianta stabile. E come tale viene avvistato, giorno dopo giorno, da centinaia di persone. Finché non torna a Calanda. E qui la notte del 29 marzo 1640 avviene l’incredibile: la mamma di Juan entra in camera e vede due gambe dove mezz’ora prima ce n era una sola. Grida e sveglia il figlio, mentre altre persone accorrono. Juan, devotissimo della Virgen, spiega che stava a punto sognando Nostra Signora. Poi capisce: la gamba è la stessa che era stata sepolta all’ospedale di Saragozza. Ci sono ancora sul polpaccio i segni del morso di un cane, brutta avventura di, quando era bambino, e più in alto, quattro dita sotto il ginocchio, c’è una profonda cicatrice. Insomma, è un pezzo di risurrezione anticipata della carne.

«Vedo molti bastoni, non vedo però alcuna gamba di legno», dirà beffardo umile Zola davanti alla grotta di Lourdes. E invece la mattina del marco 1640 decine di calandini osservano sbigottiti Juan che cammina con le sue gambe, anche se a fatica perché l’arto sta recuperando la sua funzionalità un po’ per volta.
Trecentocinquantotto anni dopo, lo sbigottimento dei compaesani diventa il nostro: dobbiamo credere?

«La cosa più incredibile dei miracoli», diceva Chesterton, «è che qualche volta accadono per davvero». E questo? t una favola o qualcosa in più? Basta girare per Saragozza e Calanda per capire facilmente tre cose: la tede degli spagnoli, soprattutto quelli del Seicento, non aveva bisogno di prodigi; l’evento non fu sfruttato in alcun modo; i documenti storici sono dettagliati.

Calanda è tutto fuorché una città-santuario. Chi pensa di trovare bancarelle, souvenir e alberghi resterà deluso. Solo una chiesa anonima, devastata dalla furia della Guerra civile. Sopra il porta una gamba stilizzata è l’unica traccia visibile dei fatti. All’interno un modesto ciclo di affreschi mostra gli angeli che prendono la gamba e la rimettono al suo posto. Tutto qua. Deludente, poverissima, anche la cappella costruita a tempo record – una prova in più dell’autenticità del milagro nel punto esatto in cui avvenne il prodigio. Perfino Bunuel, che amava ripetere «Grazie a Dio sono ateo non mise mai in dubbio il miracolo.

A Saragozza la musica non è tanto diversa: pochissime le «reliquie. Nel municipio il visitatore può leggere il rogito scritto tre giorni dopo dal notaio di Mazaleón: Miguel Andréu descrive i fatti raccontatigli dai testimoni oculari. Qualche metro, più in là, nell’archivio del Pilar, lo storico può bersi d’un fiato gli atti e la sentenza del processo concluso nell’aprile del 1641 con la proclamazione del prodigio da parte dell’arcivescovo di Saragozza. Fanno impressione quelle pagine, ma forse fa ancora più sensazione la visita al Pilar: Dentro, una fila ininterrotta di fedeli bacia el pilar, il pilastro che ricorda la venuta della Madonna , apparsa (ancora in vita) all’apostolo Giacomo. Fuori -per chi capiti in città il 12 ottobre, quando si festeggia la Virgen – la prova della devozione popolare: una montagna di fiori, alta almeno dieci metri. Si dice che tutti gli abitanti di Saragozza, città in cui anche le banche portano il nome dell’Immacolata, portino il loro omaggio. Tornano in mente le immagini scattate a Londra un anno fa: ma il culto di lady Diana sembra già al tramonto.

El milagro, in un’epoca di secolarizzazione come la nostra, è la fede di questa gente. Quell’altro, forse dato per scontato in Spagna e ignorato nel resto d’Europa, riemerge ora dalla semiclandestinità. Adesso conosciamo nomi e cognomi, ma lo sconcertante enigma resta intatto: sappiamo che perfino il re Filippo IV baciò quella gamba miracolata, non sappiamo che fine abbia fatto Pellicer. Dopo qualche anno, l’uomo più fortunato di tutti i tempi scompare dalla storia. Senza lasciare traccia.

© Il Giornale